Sarebbe bello se ogni prodotto di finzione ambientato nel passato avesse una ricostruzione storica impeccabile, senza il minimo accenno di errori o imprecisioni. Questo però è impossibile. Ogni adattamento è un tradimento e bisogna tenerne conto quando si vuole analizzare un film o un romanzo storico. Qualche tempo fa la professoressa di storia romana Domitilla Campanile ha tenuto una lezione online sulla storia romana al cinema. Alcune di quelle riflessioni sono confluite in questo articolo, che confronta il desiderio di accuratezza con le esigenze di scrittori, sceneggiatori e produttori. Perché non sempre questi ultimi hanno torto (anche se molto spesso l’accuratezza storica non è una loro priorità).

Può sembrare un’affermazione forte, soprattutto considerato che questo blog dedica molto spazio a errori e manipolazioni della storia in film e romanzi. Nella trasposizione di eventi storici in un prodotto di intrattenimento, però, sono inevitabili alcuni cambiamenti. In particolare, quando si analizza un film o romanzo storico bisogna sempre tenere a mente tre elementi.

1) L’obiettivo di produttori ed editori non è l’avanzamento della ricerca, ma il profitto. Film e romanzi sono distribuiti da aziende che devono produrre utili e non hanno né le competenze, né la pretesa di spacciarsi per un centro di ricerca.

2) L’accuratezza storica costa. Questo vale soprattutto per film e serie TV, come si vedrà meglio dopo.

3) Le storie devono seguire le regole della narrazione. Non si può trasportare un evento storico sulla pagina senza adattarlo: questo significa che nel momento stesso in cui si decide di creare un film o un romanzo storico si sta già mettendo in conto di modificare, almeno in parte, la storia reale.

Problemi di produzione

"Quo vadis" ha influenzato la rappresentazione dell'antica Roma al cinema per decenni

Unire la realtà storica alla finzione di un film o romanzo storico comporta diversi problemi, legati sia alla produzione, sia alla narrazione. Per quanto riguarda la produzione, a entrare in conflitto con l’accuratezza storica sono due fattori: la ricerca del profitto e i costi di produzione.

Ricerca del profitto

Per vedere la luce, un romanzo e un film devono avere un pubblico. Senza pubblico, non ci sono vendite e l’operazione si conclude con un fallimento. Per ovviare al problema case editrici e produttori cinematografici devono tenere in considerazione chi acquisterà il loro prodotto, anche se questo rischia di trasformarsi in una rincorsa ai gusti del pubblico e alle mode del momento, calpestando la realtà storica in nome del puro profitto.

Un esempio famoso è «Quo vadis?» del 1951, tratto dall’omonimo romanzo ottocentesco e ambientato all’epoca dell’incendio di Roma del 64 d.C. Il film risente dell’esperienza traumatica della seconda guerra mondiale e per creare una chiara contrapposizione tra buoni (i protagonisti) e i cattivi (Nerone e i corrotti romani al potere) crea un assurdo anacronismo: i pretoriani indossano corazze nere, sono sadici e fanno il saluto romano. Si sono trasformati in SS al servizio del folle dittatore Nerone. Nei film statunitensi Roma inizia a essere rappresentata come l’impero del male e il parallelo tra l’antichità e il nazismo continua a essere ripreso negli anni seguenti. Una follia, ma di grande successo, tanto che «Quo vadis?» fu il film col maggior incasso del 1951.

Un altro motivo che porta ad assecondare i desideri del pubblico a scapito della fedeltà storica è l’epicità dei film storici. Se si coinvolgono antichi egizi, greci o romani la storia deve essere drammatica e spettacolare. Questa esigenza va a influire sulla scrittura, che spesso getta la coerenza storica dalla finestra per dar vita a scene epiche, ma assurde. Come avviene in «300» nella scena più famosa del film.

Il re spartano Leonida riceve l’ambasciatore persiano che chiede terra e acqua, la formula che indicava la sottomissione di un popolo. Nella realtà storica Leonida rifiuta e gli ambasciatori se ne vanno incolumi; per i greci infatti l’ospitalità (xenía) era un valore sacro e aggredire un ospite, anche se proveniente da un Paese nemico, sarebbe stato un comportamento gravissimo. Ma un civile congedo tra rappresentati di fazioni opposte non è abbastanza interessante, così i persiani vengono scagliati in un pozzo assurdamente ampio e profondo, che non ha nessuna ragione di esistere se non come spettacolare scenografia per una delle scene più epiche degli ultimi anni. Sbagliato? Certo. Il film ha beneficiato di questa clamorosa revisione? Eccome.

Costi di produzione

I libri non devono affrontare problemi tecnici e di budget e possono permettersi di essere più accurati. Una descrizione dettagliata di un ambiente che sia il più vicino possibile alla verità storica richiede allo scrittore più fatica e più ore spese a fare ricerca, ma non comporta un costo economico come avviene invece per i film. A far lievitare i costi di produzione nel cinema e nella TV sono specialmente due fattori.

1) I film storici sono (quasi sempre) kolossal. Nessuno vedrebbe un film con Giulio Cesare o Ramses II se avessero scenografie minimaliste. Dagli anni ‘50 il genere storico è legato al concetto di kolossal e il pubblico si aspetta storie epiche. Alcune epoche possono permettersi storie più intime e a basso budget, come il medioevo, che si presta anche a film con una grossa componente di spiritualità e ritmi lenti, inaccettabili per periodi come l’impero romano o l’Egitto faraonico.

2) Una buona ricostruzione materiale è costosa. I costi non dipendono solo dalla riproduzione realistica di manufatti, scenografie, costumi e così via. Anche le persone che lavorano al film sono un costo aggiuntivo, che può rivelarsi insostenibile. Per esempio, le staffe sono presenti in quasi tutti i film ambientati nel mondo antico, anche se in Europa arrivarono solo nel VI-VII secolo d.C. La scelta di inserirle nonostante siano un evidente anacronismo ha molte ragioni, ma la più importante è quella economica: pochi attori sanno andare a cavallo e tra questi nessuno cavalca senza staffe. È molto più difficile e pericoloso girare scene di questo tipo e assicurare gli attori da eventuali infortuni farebbe schizzare in alto le spese senza aggiungere un reale beneficio alla storia.

Problemi di narrazione

Nell’adattamento della storia a un film o romanzo, ancora più complessa è la gestione del materiale narrativo. Per inserire elementi di finzione all’interno di un contesto storico reale bisogna scendere a compromessi che possono essere più o meno gravi a seconda della situazione – e del rispetto per il materiale storico che si ha tra le mani.

Sintesi

Hitchcock diceva che il cinema è «la vita senza le parti noiose» e questo vale per qualsiasi racconto. Quando si ha a che fare con un film o romanzo storico bisogna adeguarsi al ritmo che richiede la narrazione, che non sarà mai uguale a quello degli eventi reali. Grandi cambiamenti richiedono anni, decenni, secoli, ma sulla pagina o sulla schermo bisogna velocizzarli. Senza arrivare al caso limite della regola aristotelica che imponeva l’unità di tempo (per cui gli eventi delle tragedie greche si svolgevano sempre nell’arco di un solo giorno), sarà inevitabile saltare dei passaggi intermedi, eliminando dall’adattamento personaggi e situazioni importanti nella realtà, ma poco funzionali alla trama.

Imprecisione

Sintetizzare significa semplificare e quindi inserire più o meno volutamente errori nella storia che si sta raccontando. Per evitare le banalizzazioni peggiori bisogna allora dedicare molto tempo alla descrizione del contesto in cui si muovono i personaggi. Gli scrittori più abili nella ricostruzione storica scrivono sempre libri lunghissimi: «I venti dell’Egeo» di Steven Pressfield ha circa 600 pagine, per raccontare la crisi della repubblica romana Colleen McCullough ha scritto sette libri tra le 650 e le 900 pagine, mentre «L’azteco» di Gary Jennings ne ha addirittura 1000. Sono romanzi che restituiscono un grande affresco storico, ma questa cura per il dettaglio rallenta l’azione e allontana di una grossa fetta di pubblico, intimorita dalla mole e dalla complessità dei libri.

Immedesimazione

Lo scopo di un qualsiasi racconto è far immergere lettori e spettatori in una storia. Il pubblico si deve immedesimare nei personaggi e nelle situazioni, ma in un film o romanzo storico il mondo descritto appare lontano. Ci si ritrova continuamente di fronte a situazioni estranee alla nostra quotidianità, che ostacolano l’immersione negli eventi descritti. Per superare il baratro che si crea tra pubblico e storia bisogna adattare il materiale; anche se il rischio di stravolgere tutto è molto alto.

Accettabilità

Per instaurare un legame tra pubblico e i personaggi, questi devono comportarsi in modo accettabile o almeno giustificabile. date le circostanze della storia. Si tratta di un punto molto delicato perché nel passato uomini e donne non avevano la nostra mentalità. Se il pubblico si deve immedesimare nei personaggi, come raccontare una storia che sia coerente con la realtà storica e al tempo stesso crei un legame con i contemporanei? Non si può fingere che il passato sia uguale all’oggi, ma nemmeno si deve dare l’impressione di giustificare comportamenti inaccettabili. Solo gli autori molto bravi riescono in questo difficile compito. Per esempio, in «L’azteco» l’impassibile racconto che fa il protagonista di sacrifici umani e delle più atroci violenze commesse in nome degli dei è bilanciato dall’orrore dei frati spagnoli. Anche se restano sullo sfondo e non sono sempre figure positive, hanno qui il compito di rappresentare il nostro punto di vista, che rabbrividisce ad ascoltare storie di stupri di gruppi e cannibalismo.

Come bilanciare realtà e finzione in film e romanzi storici

il gladiatore film 2001
Massimo combatte come gladiatore al Colosseo

Seguire un film o un romanzo storico richiede più impegno del normale perché quel mondo ha meno punti di contatto con il nostro. Per facilitarne la comprensione chi scrive deve spiegare, adattare e semplificare la realtà storica.

Spiegare

Il genere storico è quello che richiede più spiegazioni, insieme al fantasy e alla fantascienza. Questo è un problema, perché una regola base del raccontare storie, soprattutto al cinema, è show don’t tell, cioè «mostra, non raccontare». Si insiste così tanto su questa norma da creare persino un rigetto da parte di alcune persone, che si sentono limitate nella loro libertà espressiva. In realtà la regola dice una cosa molto semplice e ragionevole, perché chi legge o guarda deve capire da solo cosa sta succedendo senza che qualcuno all’interno della storia sia incaricato di fare un riassunto. Se questo succede, significa che c’è qualche problema a livello di costruzione della storia o dei personaggi.

Tuttavia, in film e romanzi storici qualche spiegazione bisogna darla, perché il pubblico non conosce storia, società e cultura del passato, o almeno non bene come quelle di oggi. Spesso i film iniziano con una scritta in sovraimpressione o una voce fuoricampo che dà un’inquadramento generale del contesto storico.

Se il film è ambientato durante la seconda guerra mondiale è sufficiente inquadrare svastiche e soldati tedeschi che marciano per capire in che periodo ci troviamo e cosa sta succedendo. Se invece si affronta un’epoca meno conosciuta bisogna dare più informazioni: se un film iniziasse di botto con un re che si chiama Desiderio che maledice il genero che ha ripudiato la figlia Ermengarda è molto difficile che il pubblico capisca subito che ci troviamo nel regno dei longobardi, sull’orlo della guerra contro i franchi che metterà fino al loro dominio nell’Italia centro-settentrionale.

Adattare

Non basta spiegare il contesto storico-politico: bisogna anche adattare molti comportamenti normali per gli uomini del passato, ma scioccanti per noi. Per esempio, nell’antica Roma amici e conoscenti si salutavano con un bacio sulla bocca. Per noi ha tutto un altro significato e vedere amici e parenti che si scambiano baci sulle labbra è perlomeno strano, a meno che qualcuno all’interno della storia non ne spieghi il senso. Per evitare di esagerare con le spiegazioni, però, è meglio limitarle a situazioni e comportamenti veramente importanti e in casi come questi si può ignorare la verità storica e scegliere un saluto più «normale».

Non si tratta di manipolare la storia, ma di renderla più comprensibile e di limitare il continuo effetto straniante che impedisce al lettore, e ancora più allo spettatore, di calarsi nella storia. Sarebbe come osservare un attore che guarda continuamente in camera, infrangendo ripetutamente la sospensione di incredulità necessaria per godersi una storia di finzione.

Semplificare

Film e romanzi storici richiedono uno sforzo cognitivo maggiore a causa del contesto estraneo in cui sono ambientate le storie. Per non affaticare troppo il pubblico, alcuni autori decidono allora di semplificare non solo convenzioni sociali ed eventi storici, ma anche la trama. Si vedono quindi personaggi buoni contro personaggi cattivi e complessi sistemi politici e sociali sono ridotti a giochi di potere di uomini malvagi il cui unico scopo è annientare la fazione del protagonista. Come nella seconda stagione di «Barbari» di Netflix. Semplificare è necessario, manipolare ideologicamente no.

barbari recensione netflix
Thusnelda in mezzo ai guerrieri germanici

Fino a che punto film e romanzi storici possono essere inaccurati?

Anche se storici e appassionati preferirebbero il contrario, quando si scrive un romanzo o una sceneggiatura a sfondo storico qualche cambiamento alla storia reale bisogna farlo. Esistono però due modi: uno accettabile, l’altro no.

A) Migliorare la comprensione della storia (e avere i fondi per realizzarla): i cambiamenti alla storia reale sono giustificati se servono a rendere più comprensibile il racconto, a rispettare le regole della narrazione e a non andare in bancarotta. Se ci troviamo al tempo di Cicerone e sul tavolo appaiono piatti in terra sigillata italica con qualche decennio di anticipo, fa lo stesso! La ricostruzione materiale non potrà mai essere perfetta, perché richiederebbe budget illimitati e quasi nessuno si accorgerebbe della differenza. Sono altri gli errori da evitare.

B) Manipolare la Storia: ci sono moltissimi motivi per cui film e romanzi storici sono costretti a essere, almeno un po’, inaccurati. D’altra parte, inseguire il pubblico o considerarlo troppo stupido per qualsiasi storia che approfondisca un po’ di più temi complessi non può giustificare una consapevole manipolazione storica, soprattutto perché spesso questi film vogliono dare una morale. Se fossero solo sfacciatamente trash, come «Gods of Egypt», non farebbero danni; invece molte volte pretendono di spiegare «come sono andate veramente le cose», sfociando nel revisionismo storico.

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Eh sì: più della ricerca storica seria. A formare l’immagine collettiva di un periodo storico sono infatti prodotti popolari come opere teatrali, romanzi e, più recentemente, film. George Mosse lo spiega bene nei suoi libri, come avevo già accennato in un altro articolo. Il problema è che questi prodotti non sono mai fedeli al 100%, per non parlare di quando sono coscientemente alterati per i fini più diversi.

Il grande potere dei media non ha solo aspetti negativi, comunque. Se può essere scioccante rendersi conto che la verità storica è oscurata dalle esigenze di un’industria basata sul profitto e sul volubile gusto del pubblico, bisogna ricordarsi che i media sono anche straordinari alleati. Quanti hanno deciso di dedicarsi allo studio della storia grazie ai saggi e agli storici? In genere la passione per la storia nasce da bambini e lo stimolo arriva da film, libri e videogiochi. «Il gladiatore» nel 2000 ha portato a un rinnovato interesse per l’antica Roma, mentre la saga di Percy Jackson negli ultimi anni ha riacceso l’amore per la mitologia greca.

Per non parlare dei videogiochi, che avvicinano persone molto lontane dal mondo delle lettere. Due dei progetti legati al mondo classico più interessanti che conosco sono nati proprio così. Pax Augusta Game e Heroes of Bronze sono un videogioco e una serie di cortometraggi creati da persone con un percorso accademico e lavorativo che non c’entra nulla con la storia. Eppure, i videogiochi conosciuti nell’infanzia hanno fatto nascere una passione che li ha spinti ad approfondire lo studio del mondo greco e romano in autonomia, fino a dar vita a progetti eccezionali.

Progetti che non sarebbero mai nati, se si pretendesse sempre e comunque un’aderenza storica perfetta in qualsiasi prodotto creativo. Anche perché, come disse una volta un professore, «il rigore filologico ricorda in modo preoccupante il rigor mortis».

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