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Film sulla Shoah: giusti o sbagliati?
Oggi siamo abituati a vedere film sulla Shoah, ma fino agli Settanta questo non era la norma. Bisogna dire che in realtà per anni mancò una narrazione della deportazione e delle violenze perpetrate nei ghetti e nei campi di concentramento, sia che si trattasse di film, libri o semplici testimonianze dei sopravvissuti. Chi era tornato dai campi non voleva parlare di quello che aveva vissuto, per evitare di rievocare ricordi terribili e perché nella popolazione non si era ancora radicata la consapevolezza di ciò che era avvenuto davvero.
“Holocaust” e lo sdoganamento televisivo della Shoah
Il punto di svolta fu la messa in onda nel 1978 dello sceneggiato televisivo «Holocaust» che raccontava la Shoah dal punto di vista di due famiglie tedesche, una ebraica e una il cui padre di famiglia entra nelle SS (qui il trailer). La serie TV ebbe un impatto fortissimo a livello mondiale, perché mostrava violenze e atrocità ai danni degli ebrei e perché per la prima volta la Shoah veniva raccontata ad un ampio pubblico usando lo strumento della finzione. Sebbene ispirato agli eventi reali della seconda guerra mondiale, «Holocaust» portava in TV le vite di persone inventate. Non era un documentario.
Si levarono molte critiche per questo motivo e tra gli stessi sopravvissuti ci fu chi insorse contro uno spettacolo che ritenevano vergognoso e offensivo. Quello che non si riusciva ad accettare era il mezzo con cui si raccontavano gli eventi storici, perché il prodotto televisivo era visto come un modo per banalizzare la realtà, rivestendola con una patina di dramma che piacesse al grande pubblico.
Non tutti la pensavano così. Tra questi, Primo Levi:
Non mi pare che si possano fare obiezioni serie; fin da Eschilo, lo spettacolo pubblico ha attinto alle sorgenti che più muovono il pubblico e queste sono il delitto, il destino, il dolore umano, l’oppressione, la strage e la riscossa.
Cinema e Shoah: un connubio sempre più stretto
«Holocaust» aprì la strada per la rappresentazione della Shoah su piccolo e grande schermo, fino ad arrivare a film che hanno fatto la storia del cinema. Di seguito sono indicati 3 film sulla Shoah, che si concentrano ognuno su un aspetto diverso di questa spaventosa pagina della storia: i campi di concentramento, i ghetti e la resistenza.
3 film sulla Shoah da vedere
I campi di concentramento: «Schindler’s list» (1993)

È importante la data di uscita di questo film, perché da quel momento cambiò il modo di rappresentare la Shoah al cinema. Il grandissimo successo di «Schindler’s list» (7 Oscar, 3 Golden Globe, svariati altri premi e più di 300 milioni di dollari di incasso nel mondo) aveva creato un nuovo modello di film testimonianza.
La storia riprende gli eventi reali avvenuti a Cracovia sotto l’occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale. Tutti gli ebrei sono rinchiusi nel ghetto, ma un migliaio di loro riesce a trovare lavoro nella fabbrica dell’imprenditore tedesco Oskar Schindler, godendo di migliori condizioni di vita e scampando alla deportazione. Quando verso la fine della guerra le SS premono per deportare l’intera popolazione ebraica ad Auschwitz, Schindler stila la lista del titolo: un elenco di nomi dei suoi operai, di cui riscatta la libertà pagandola di persona per trasferirli in Cecoslovacchia e salvar loro la vita.
Il film vuole rappresentare nel modo più fedele possibile gli eventi e le condizioni drammatiche in cui vivevano gli ebrei, mostrando anche le umiliazioni e le violenza subite da parte delle SS. Lo fa con uno sguardo quasi da documentario, per testimoniare ciò che è successo senza scadere nella morbosità. «Schindler’s list» inaugura anche il filone dei film sulla Shoah dove l’umanità riesce a resistere nonostante la barbarie in cui sono immersi uomini e donne; un’umanità che sembra nascosta, ma che emerge dal grigio come un cappottino rosso, unica nota di colore di tutto il film.
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La vita nel ghetto: «Il pianista» (2002)

«Il pianista» è uno dei film sulla Shoah più famosi. Porta sullo schermo il romanzo autobiografico di Władysław Szpilman, il pianista del titolo. Ambientato a Varsavia, il film ripercorre la vita di Szpilman dopo l’occupazione della città e la reclusione degli ebrei nel ghetto. Szpilman riesce a scappare e a trovare rifugio fuori dal ghetto, scampando ai rastrellamenti e ricevendo l’aiuto dalla persona più inaspettata, un soldato tedesco appassionato di musica.
«Il pianista» è uno dei film sulla Shoah che mostra meglio la durissima vita nei ghetti dell’Europa orientale occupata, le cui condizioni erano piuttosto diverse rispetto a quelle dell’Europa occidentale. Miseria, umiliazioni e violenze protratte dalle SS portarono all’esasperazione gli abitanti che provarono a organizzare una resistenza armata che finì però con l’essere stroncata dai tedeschi. Nonostante la rivolta del ghetto di Varsavia sia un caso unico nella storia delle città occupate, il film non si concentra sulla lotta armata per eroicizzarla, ma segue piuttosto la progressiva disumanizzazione a cui sono sottoposti gli ebrei, dalle leggi razziali alla reclusione nel ghetto fino alla deportazione.
Come Spielberg in «Schindler’s list», Polanski mostra l’orrore per documentare e evita di insistere sui dettagli più scabrosi. D’altronde, non ce n’è bisogno: «Il pianista» non può che essere un film duro, perché terribile è stata la realtà della persecuzione.
La resistenza ebraica: «Defiance» (2008)

Anche «Defiance» è ispirato a una storia vera, quella dei fratelli Bielski che si rifugiarono nelle foreste della Bielorussia, dove crearono una comunità nella quale trovarono scampo migliaia di ebrei. Tra queste c’erano anche persone fragili come anziani e malati, per proteggere i quali gli uomini (e in parte anche le donne) dovettero organizzarsi in una milizia.
Anche se non è al livello degli altri due film sulla Shoah, «Defiance» è interessante perché mostra un altro aspetto degli eventi storici e dopo i campi di concentramenti e la vita nel ghetto qui si porta sullo schermo la resistenza armata che coinvolse gli ebrei. «Defiance» si avvicina di più all’immaginario hollywoodiano dei film di guerra; per esempio, in una delle prime scene del film, dopo aver assistito all’assassinio della famiglia e dei vicini, i tre fratelli scappano nel bosco e la figura leader del gruppo si sente rivolgere la più tipica domanda da film d’azione americani: «Hai un piano?».
Il pregio del film è comunque quello di rappresentare un pezzo di storia diverso da quello solitamente mostrato al cinema, in cui gli ebrei sono vittime senza scampo. La tradizione dei film sulla Shoah riflette però la realtà storica, nella quale nella maggior parte dei casi queste persone non ebbero nessuna possibilità di organizzarsi per tentare una resistenza, tranne poche eccezioni come quella raccontata in «Defiance».