In questo guest post Cristina ti dà il benvenuto a bordo delle antiche navi romane! Vuoi sapere come si navigava nell’antichità? Come era fatta una nave antica? O come i romani combattevano una battaglia navale? Troverei tutte le risposte in questo articolo ricchissimo e documentato in modo eccellente. L’autrice è un’archeologa esperta in architettura navale: la figura più adatta con cui salpare alla scoperta delle navi romane.

Le popolazioni sorte intorno al bacino del Mediterraneo hanno sfruttato il mare fin da subito per procurarsi il cibo, commerciare e confrontarsi con altre civiltà più o meno vicine. Basti pensare che le attestazioni di traffici di ossidiana dalle Cicladi risalgono addirittura al Neolitico.
Navigare il Mediterraneo però non era una passeggiata. Il primo sistema di navigazione fu quello del piccolo cabotaggio, cioè una navigazione da scalo a scalo che seguiva la costa e necessitava di frequenti soste per l’approvvigionamento di acqua.
Nonostante il Mediterraneo appaia come un bacino chiuso, il Sahara a sud e l’Oceano Atlantico a ovest provocano nei periodi di cambio stagionale variazioni meteomarine abbastanza veloci e non prevedibili senza moderni equipaggiamenti; i navigatori antichi si potevano affidare soltanto all’esperienza per prevedere il cambiamento delle condizioni atmosferiche. Tutta la navigazione si basava su un sapere tramandato di generazione in generazione; per esempio, tra le nozioni apprese dagli antichi naviganti vi era la conoscenza di venti e brezze stagionali che, insieme alle correnti, permettevano di utilizzare diverse rotte a seconda del periodo dell’anno.
Nascita della marineria romana
In un primo momento Roma non avvertì la necessità di approcciarsi al mare dal punto di vista militare e iniziò a preoccuparsene solamente quando i romani si dedicarono alla conquista della Magna Grecia (III secolo a.C.). Da quel momento in poi si rese necessario utilizzare una flotta per contrastare i Cartaginesi, contro i quali i romani si scontrarono nella Prima guerra Punica (264-241 a.C.). All’inizio la neo-formata flotta romana andò incontro a una serie di insuccessi per l’inesperienza stessa dei romani che dovettero imparare durante la guerra tattiche e metodi di gestione di una flotta. Tuttavia grazie alla creazione di un comando centralizzato e di nuove strategie da utilizzare nelle battaglie navali furono in grado di vincere la guerra e dominare il Mediterraneo.
Come funzionava un’antica nave romana?

La forza motrice delle navi romane era data dalle vele e dai rematori. Le vele erano il tipo di propulsione maggiormente usato e solo in caso di difficile entrata in porto o nella navigazione fluviale si ricorreva alla tecnica dell’alaggio (rimorchio da riva con animali da soma). Quando possibile gli antichi sfruttavano sempre il vento evitando di affaticare inutilmente i rematori; nelle battaglie navali infatti gli speronamenti e le altre manovre erano possibili solo grazie ai rematori.
Il lavoro del rematore era estremamente faticoso e al fine di garantire le migliori prestazioni possibili, i rematori venivano costantemente allenati, al pari degli sportivi. Contrariamente alla credenza comune i rematori non erano schiavi; erano soldati che facevano il loro servizio militare in marina. Erano soliti provenire dalle classi meno agiate e nel caso di necessità potevano essere affiancati da schiavi o carcerati arruolati forzatamente, provenire da città di mare alleate o essere prigionieri di guerra.
Quali erano i pericoli che affrontavano le navi nell’antichità?
La pirateria fu sempre un serio problema nel Mediterraneo, ma una volta debellata da Pompeo Magno nel I secolo a.C. i mercanti si dovettero preoccupare unicamente dei pericoli dettati dalla natura.
Il periodo meno favorevole alla navigazione era l’inverno, detto in antico “periodo del mare clausum”, quando le condizioni metereologiche erano più complicate. La grande esperienza dell’equipaggio era necessaria per navigare in buone condizioni di vento e senza copertura nuvolosa notturna che impediva di vedere le stelle utilizzate per orientarsi di notte.
La tipologia di navigazione era dettata dal tipo di commercio e dalle dimensioni delle imbarcazioni: era frequente la navigazione di piccolo cabotaggio per navi di minori dimensioni e che seguivano un commercio più “regionale”; mentre la navigazione in mare aperto, praticata su navi di maggiore tonnellaggio, era destinata al commercio su larga scala, sia pubblico che privato. Le navi romane erano abbastanza robuste da sopportare il mare aperto, ma non per affrontare situazioni meteromarine complesse come quelle presenti negli oceani. Inoltre, fattore che non va sottovalutato, le dimensioni delle onerarie romane non consentivano lo stivaggio di grandi quantità di acqua potabile necessaria sempre all’equipaggio e ai passeggeri.
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Tipi di navi romane
Nave da guerra romana

Come erano fatte le navi da guerra della flotta romana? Per rispondere a questa domanda bisogna in realtà tornare indietro e andare a vedere come erano costruite le navi greche che avevano dominato il mare fino ad allora ed erano cresciute in dimensioni e numero di rematori nell’epoca ellenistica.
Le antenate delle navi da guerra romane: le navi greche
Caratteristiche delle navi antiche
- Forma elegante e allungata per fendere meglio l’acqua, con alta poppa e prua affusolata per l’alloggiamento del rostro.
- Doppio timone, costituito da due “remi” con pale di grandi dimensioni che venivano mossi dal timoniere per cambiare la direzione di navigazione; il timone unico in uso ancora oggi è un’invenzione medievale.
- Vela quadra issata sull’albero maestro e sostenuta da sartie e stralli. Nelle navi di maggiori dimensioni poteva essere presente un secondo albero, verso prua, con una vela rettangolare più piccola.
- Rostro (sperone), agganciato alla chiglia a prua e in metallo. Lo scopo principale di questo elemento era speronare le navi avversarie e spesso era modellato a forma di animali, come il cinghiale.
- Castello di prua e/o di poppa, una sovrastruttura leggera posta al di sopra degli scalmi a prua e/o a poppa.
Tipi di navi da guerra greche
La prima antenata delle navi da guerra romane è la greca pentacontera (in uso fino al VI secolo a.C.). Si tratta di un’imbarcazione da 50 rematori (25 per lato) con forma tondeggiante e propulsione sia a remi che a vela, utilizzata come nave da guerra, ma spesso anche per il trasporto di merci.
Evoluzione della pentecontere (iniziata nel VI secolo a.C.) furono le biremi, ma soprattutto le triremi.
Le biremi erano navi utilizzate dall’età classica, con una doppia fila di rematori seduti sullo stesso ponte. La lunghezza variava dai 24-25 m del periodo più antico ai 20 m dei tempi più recenti, quando diventarono più snelle e più facilmente manovrabili.
Le triremi presentavano una terza fila di rematori sistemati in modo sfalsato e seduti nella parte superiore della nave in ponti laterali aggettanti. Potevano arrivare ai 35-40 m di lunghezza e furono utilizzata nelle battaglie navali di epoca classica ed ellenistica. In questa tipologia di nave antica il numero di individui presenti a bordo aumentava notevolmente: oltre ai rematori, più numerosi rispetto a quelli di una bireme, e all’equipaggio addetto al comando e alla navigazione, ospitava anche soldati e arcieri preparati al combattimento nel caso di abbordaggio.
Su questa antica nave da guerra era presente anche un “ponte”, una sorta di passerella centrale che univa le piattaforme a prua e a poppa al fine di permettere un agile movimento a bordo.
L’epoca ellenistica è il periodo dei “colossi del mare”, poiché le fonti ci tramandano della presenza di navi dalle quattro, alle sedici file di rematori. In generale le navi di questo periodo aumentarono in dimensioni, tonnellaggio e ospitarono un numero maggiore di rematori e membri dell’equipaggio. Il problema principale delle navi militari ellenistiche fu proprio la maggiore dimensione degli scafi, che resero le manovre in battaglia sempre più complesse. Non bisogna dimenticare che fino a questo periodo le battaglie navali si combattevano speronandosi a vicenda.
Le navi da guerra romane
Roma costruì la sua flotta in piena epoca ellenistica prendendo spunto dalle grandi flotta dell’epoca. Il primo nucleo della flotta era composto da: liburne (navi leggere con due ordini di rematori e un rematore per remo, adatte ai movimenti veloci), triremi, quadriremi e quinqueremi (navi pontate con trenta remi in linea per fiancata e cinque uomini su ciascun remo), che avevano il grande difetto di essere pesanti e complicate da manovrare.
Nonostante ciò, la preferenza romana per imbarcazioni pesanti ha una spiegazione nel cambiamento di tecnica di combattimento: i romani, forti nel combattimento a terra, preferirono puntare sull’abbordaggio delle navi nemiche inventando una sorta di passerella, detta corvus, che permetteva di attaccarsi alle navi nemiche e farci salire i legionari.
L’utilizzo di navi a più file di rematori finirà al tramontare dell’epoca ellenistica. Nel 31 a.C. durante la battaglia di Azio Ottaviano, futuro Augusto, schiererà navi più leggere e facilmente manovrabili (triremi, quadriremi e quinqueremi), mentre Marco Antonio utilizzerà i vecchi e pesanti “colossi del mare” che facevano parte della flotta egiziana.
Nave mercantile romana

Roma e il commercio
Al contrario di quanto avvenne per la marineria militare, le barche designate al trasporto merci iniziarono a circolare fin dalla fondazione di Roma. L’Urbe nasce infatti sul Tevere, un fiume navigabile, che sfociava già in antico nel mare nei pressi di Ostia, colonia romana di antichissima origine. L’ampliamento dei territori romani portò con sé lo sviluppo di rotte e traffici commerciali, che potevano avvenire su scala locale, regionale o internazionale.
Il notevole ampliamento di Roma, in estensione e popolazione, aveva fatto crescere la richiesta di importazioni in primis di grano, olio e vino, ma anche di altre materie prime. Già dall’epoca repubblicana venne creata una vera e propria flotta dell’annona, la quale contava un gran numero di navi, anche di notevoli dimensioni, utilizzate per trasportare grano principalmente dall’Egitto e che venne poi gestita sotto Augusto da un praefectus annonae. Questo magistrato faceva parte dell’ordine equestre e aveva la sua sede a Roma, nella statio annonae presso il Foro Boario.
Il traffico commerciale aveva il suo centro nel Mediterraneo, ma comprendeva anche navigazioni sui fiumi interni navigabili, sul Mar Nero, sul Mar Rosso, lungo le coste dell’Oceano Atlantico e all’intento del Canale della Manica. Si scambiavano le merci attraverso imprese private o statali, a piccolo o medio raggio. Oltre ai prodotti delle tre principali culture del Mediterraneo (vite, olivo e frumento), si trasportavano prodotti per l’edilizia, marmi, vetri, bronzi, opere d’arte, profumi e spezie dall’Oriente, tessuti, animali, schiavi e molto altro.
Le navi mercantili romane
A differenza delle navi da guerra, i mercantili o navi onerarie avevano uno scafo tondeggiante e robusto, adatto sia per la navigazione di cabotaggio, sia per la navigazione in mare aperto, necessaria al fine di attraversare più velocemente determinate zone nel Mediterraneo. La propulsione era unicamente a vela (sempre di tipo rettangolare) e nelle onerarie di maggiori dimensioni poteva essere presente un secondo albero a prua, di dimensioni minori.
Le dimensioni degli scafi potevano variare a seconda delle tipologie di trasporto in cui erano impiegate. Si distinguono: navi di piccolo tonnellaggio (inferiori ai 15 m di lunghezza) adatte alle navigazioni di breve durata, navi di medio tonnellaggio (tra 15 e 30 m) impiegate sia per le rotte lungo costa che per tratti in mare aperto e navi di grande tonnellaggio (sopra i 30 m di lunghezza) che facevano parte della flotta dell’annona e rifornivano principalmente la capitale.
I mercantili possedevano un ponte su cui si muoveva l’equipaggio e potevano trasportare passeggeri (non esistevano navi da trasporto passeggeri per lunghi tratti, ma si viaggiava insieme alle merci). Al di sotto del ponte era presente una stiva in cui venivano sistemati i carichi che potevano essere eterogenei o omogenei (nel caso di navi usate solo per il trasporto di grano o olio). Il principale contenitore da trasporto erano le anfore, ma si potevano utilizzare anche dolia di grandi dimensioni per il vino, sacchi per il grano, cassette lignee e altro.
Altre tipologie di navi

Accanto alle navi mercantili romane esistevano una serie di barche utilizzate per diversi scopi.
Tipologie di navi da pesca o per i piccoli e medi trasporti erano presenti in grande quantità: le tradizioni costruttive regionali avevano un forte impatto sulla forma delle imbarcazioni utilizzate su fiumi, laghi e in mare, tanto che ancora oggi alcuni tradizioni locali trovano confronti diretti con le piccole barche di epoca romana.
Esistevano anche chiatte e traghetti a fondo piatto utilizzati per il trasporto di persone e merci in piccoli tratti di mare o su fiumi e laghi, come ad esempio le navi caudicarie (imbarcazioni a fondo piatto adibite al trasporto fluviale) o le lintres (piroghe monossili di origine antichissima, le dirette discendenti delle piroghe scavate nei tronchi di epoca neolitica).
All’interno degli scali portuali, di qualunque dimensione essi fossero, erano presenti una serie di barchini ausiliari che servivano per la manutenzione e la gestione degli scali, nonché per facilitare le manovre delle grandi navi da trasporto. È noto da diverse fonti che spesso le navi mercantili di medio o grande tonnellaggio non entravano in porto, anche nel caso di porti ben attrezzati come quello di Ostia, ma scaricavano a largo le loro merci su barchini che facevano poi la spola con i moli vicini agli horrea (magazzini portuali).
Per l’epoca romana sono note anche navi da diporto utilizzate per lo svago o per scopi cerimoniali e religiosi. Le più note sono certamente le due Navi di Nemi: due imbarcazioni attribuite all’imperatore Caligola, straordinariamente decorate e lunghe più di 70 m, rinvenute nel lago di Nemi già alla fine del Medioevo e recuperate negli anni ‘30.
Anche all’interno del mondo militare navale esistevano navi secondarie di supporto alla flotta. Possiamo ricordare tra le più note le actuariae: navi ausiliarie della flotta con la vela ma principalmente mosse a remi; l’hippago: un tipo di battello per il trasporto dei cavalli; la scapha: nave leggera a remi usata in funzione di avanguardia.
Cosa resta delle antiche navi romane: i relitti

Molte delle informazioni che abbiamo sulle navi romane derivano da relitti trovati sul fondo del Mediterraneo, all’interno di laghi, fiumi o lagune. Nonostante la loro rarità e fragilità, questi esemplari hanno permesso di avviare una serie di studi sulla struttura, sulla costruzione e sui sistemi di navigazione delle antiche navi romane.
Inoltre, il ritrovamento all’interno dei relitti di una serie di oggetti ha permesso di capire come era composto l’equipaggiamento di bordo. Questo comprendeva strumenti per la manutenzione, le riparazioni e per le apparecchiature della velatura; attrezzatura per la cucina e la pesca; oggetti personali dei passeggeri e della ciurma; strumenti per il gioco e dedicati ai culti a bordo; lucerne per l’illuminazione; armi; attrezzi utilizzati per i commerci (pesi, tavolette per i rendiconti, monete).
I relitti rinvenuti appartengono solo a navi onerarie o barchini di vario genere; non sono mai stati recuperati scafi appartenenti a navi militari. Il motivo principale di questa mancanza è dato sia dal numero inferiore di navi da guerra presenti in antico rispetto alle altre tipologie di imbarcazioni, sia perché il legno di cui gli scafi erano costruiti degrada molto velocemente in acqua se non viene protetto da qualcosa, come nel caso delle anfore dei carichi mercantili che hanno consentito la preservazione delle porzioni in materiale organico.
Dove vedere oggi un’antica nave romana
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Consigli di lettura
- Avilia Filippo, Atlante Delle Navi Greche e Romane. IRECO, 2002.
- Beltrame Carlo, Archeologia Marittima Del Mediterraneo: Navi, Merci e Porti Dall’antichità All’età Moderna. Carocci editore, 2012.
- Bonino Marco, Navi Mercantili e Barche Di Età Romana. L’Erma di Bretschneider, 2015.
- Laurenti Cristina, Wood species analysis of timbers from Ship A, Pisa San Rossore, in Maritime Archaeology Graduate Symposium 2020 22 – 23 febbario 2020. Short Report Series, Oxford, 2020.

Ciao a tutti! Sono Cristina Laurenti, nata e cresciuta a Torino, ma con una parentesi di vita pisana. Mi sono laureata a Torino nel 2017 in Beni Culturali, curriculum archeologico, con una tesi sul ruolo della donna nell’Italia preromana. Ho poi deciso di emigrare nella studentesca Pisa dove mi sono buttata sullo studio dell’architettura navale antica. Ho incontrato il mondo delle navi e della navigazione antica durante un tirocinio presso Le Navi Antiche di Pisa, dove poi ho deciso di restare per dedicarmi a una tesi magistrale incentrata sullo studio di uno dei relitti rinvenuti a Pisa San Rossore, la mia amata Nave A. Grazie a questo campo di studi sono riuscita a partecipare a due conferenze di archeologia all’estero, Trier e Oxford, dove ho portato i risultati dei miei studi.
