La Conferenza di Monaco del 1938 offre l’opportunità di analizzare come la Storia viene adattata per un romanzo storico, ma anche per un film. Il romanzo storico «Monaco» di Robert Harris racconta la manciata di giorni alla fine del settembre del ‘38 che sembrò cambiare il corso della storia, illudendo milioni di persone che la pace sarebbe durata ancora a lungo. Il libro si rivela un bestseller e nel 2021 da questo viene tratto il film «Monaco. Sull’orlo della guerra». Entrambi sono ottimi prodotti di intrattenimento e funzionano molto bene per mostrare tutta la gamma di modifiche necessarie per trasportare una storia da un mezzo all’altro.

Gli antefatti: Europa, anni Trenta

Verso la fine degli anni Trenta in Europa è in corso uno scontro tra democrazie e regimi autoritari. Regno Unito e Francia guardano con preoccupazione all’onda nera che monta da anni, ma decidono di muoversi con cautela.

Quando nel 1935 l’Italia aveva iniziato la guerra di aggressione all’Etiopia (usando anche armi vietate dalla comunità internazionale) i Paesi democratici si erano limitati a sanzioni economiche. Questo aveva portato comunque a un’esasperazione del risentimento provato dai fascisti, e dall’intero Paese, nei confronti delle grandi potenze occidentali. Sono le premesse per l’avvicinamento tra Italia e Germania, che prende forma con l’Asse Roma-Berlino del 1936 e si formalizzerà con il Patto d’Acciaio del 1939.

Nel marzo del 1938 Hitler dà l’avvio all’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Reich tedesco. Di fatto, inizia un’invasione. Si tratta però di popolazioni germanofone e il governo fantoccio messo al potere in Austria si proclama entusiasta dell’unificazione dei due Paesi. L’Europa occidentale decide di chiudere gli occhi. A settembre Hitler minaccia una nuova annessione, quella dei Sudeti. Si tratta di una regione della Cecoslovacchia, con una grossa componente etnica di tedeschi (il 23% dell’intera popolazione). Nella logica nazista, devono quindi necessariamente fare parte del Reich: se la Cecoslovacchia non è d’accordo a cedere i suoi territori, verrà invasa.

La Conferenza di Monaco

conferenza di monaco 1938
Firma degli Accordi di Monaco. Da sinistra a destra: Chamberlain, Daladier, Hitler, Mussolini

La situazione è esplosiva perché la Cecoslovacchia è alleata della Francia. Inoltre, Regno Unito e Francia temono che Hitler non si fermerà ai Sudeti. Ha già dimostrato di essere disposto a scatenare una guerra continentale, se qualcuno si fosse messo di traverso rispetto ai suoi piani. Che fare? Il primo ministro inglese, Chamberlain, tenta l’ultima carta per evitare una guerra: la Conferenza di Monaco.

Tra il 29 e il 30 settembre 1938 a Monaco si tiene una conferenza in cui discutere il destino dei Sudeti. A partecipare sono Regno Unito, Germania, Italia e Francia. Non manca qualcuno? Sì: i diretti interessati, i cechi. La conferenza parte azzoppata e finisce per accettare tutte le condizioni tedesche, garantendo alla Germania la cessione dei Sudeti. La guerra è evitata ancora una volta. Ma anche se l’Europa festeggia il pericolo scampato, i leader democratici sanno che è solo rimandata.

Recensione di «Monaco»: trailer e trama

Trailer di “Monaco. L’orlo della guerra”

Trama di “Monaco”

Hugh Legat è un giovane e promettente membro del Servizio diplomatico britannico, oltre che segretario particolare del primo ministro Chamberlain. Paul von Hartmann è invece un aristocratico tedesco, appartenente allo staff del ministero degli Esteri tedesco e cospiratore contro Hitler. Dopo anni i due si incontrano nuovamente a Monaco, nei giorni della Conferenza che deve trovare una soluzione al problema dei Sudeti ed evitare lo scoppio di una guerra europea. Stretti tra lealtà e tradimento, tra cinismo e idealismo, devono prendere decisioni che potrebbero far cambiare le sorti dell’incontro internazionale e, forse, della Storia stessa.

Recensione di «Monaco»: un lavoro di adattamento

I personaggi

monaco robert harris
Hugh e Paul

I protagonisti sono un inglese e un tedesco, Hugh e Paul, vecchi amici che si rincontrano in un momento poco adatto a gioviali rimpatriate. Il loro rapporto è teso anche a causa di un episodio del loro passato che riguarda una ragazza, Lena. Nel romanzo il punto di vista dei due si alterna nella narrazione, espediente efficacissimo per mostrare sia il lato inglese, sia quello tedesco.

Nel film si tende forse a privilegiare il punto di vista di Hugh, ma la personalità di Paul riesce a emergere anche se leggermente meno presente e nonostante il suo personaggio sia parecchio più complicato di quello dell’amico. Paul ha un carattere appassionato e idealista, che potrebbe scadere facilmente nel ridicolo. Romanzo e film riescono invece a mostrare la sua complessità, che si dimostra importante per raccontare la passione febbrile che aveva preso i tedeschi sedotti da Hitler. Gli attori, poi, sono strepitosi: chi ha letto il libro non può che rimanere colpito dalla bravura con cui George MacKay e Jannis Niewöhner hanno dato vita ai loro personaggi.

Anche se il personaggio di Lena appare poco, molto brava è anche Liv Lisa Fries, evidentemente a suo agio con le ambientazioni degli anni Venti e Trenta, dato che interpreta anche Charlotte in «Babylon Berlin». Chamberlain è affidato a Jeremy Irons, praticamente uguale al primo ministro britannico, mentre a vestire i panni di Hitler è Ulrich Matthes, che aveva rappresentato Goebbels nel magnifico «La caduta».

I personaggi secondari hanno subito più cambiamenti nel film per permettere all’azione di risultare più comprensibile ed scorrere più rapida. Ad esempio, nel romanzo i cospiratori tedeschi che progettano di deporre Hilter sono numerosi e appartengono a più branche del potere statale. Nel film invece si riducono a tre, con l’aggiunta di Frau Winter: un numero che parla di un tentativo disperato più che di un piano ben strutturato, come avveniva nel libro. Si tratta però di modiche dettate dalla trasposizione sullo schermo, impossibili da evitare anche nel più fedele degli adattamenti.

Ricostruzione degli ambienti

recensione monaco fuhrerbau
Riprese fuori dal Führerbau, Monaco © Sven Hoppe/dpa

Come sempre Robert Harris fa un gran lavoro di ricostruzione degli ambienti ed è molto preciso nel descriverli. All’inizio del romanzo è presente una mappa del Führerbau, che l’autore ha effettivamente visitato. Si tratta, infatti, di uno dei pochissimi edifici di epoca nazista ancora in piedi; un bel vantaggio per il regista del film, che ha potuto ricalcare fedelmente le scene del romanzo girando all’interno dello stesso edificio.

Anche il film è molto curato sotto questo aspetto, ma non può ricostruire tutto. Per esempio, il treno con cui la delegazione tedesca si sposta da Berlino a Monaco nella romanzo (e nella realtà) è un convoglio speciale, progettato appositamente per Hitler. Qui i tedeschi aspettano Mussolini e i suoi collaboratori per giungere insieme a Monaco, dando una prova di unità a britannici e francesi. Nel film la parte con i fascisti è stata tagliata e il treno stesso appare del tutto normale. È giusto così: sarebbe stata una follia sostenere una spesa grossa come quella della ricostruzione di un intero treno speciale solo per un paio di inquadrature di pochi secondi, che avrebbero aggiunto poco alla storia.

Politica e leader nazionali

recensione di monaco

Il contesto politico è spiegato molto bene sia nel romanzo, sia nel film. Vengono chiarite le posizioni delle fazioni coinvolte e i nodi diplomatici che si sono stretti fino a rischiare di strozzare ogni possibilità di accordo. È un ben non dare per scontato che il lettore o lo spettatore conosca il periodo perché nonostante la Conferenza di Monaco si studi a scuola di solito si riduce a una riga di testo. Nel libro ovviamente c’è più spazio per approfondire e per farlo è molto efficace la scena in cui Hugh si trova a dover correggere la bozza del discorso di Chamberlain prima che sia trasmesso alla radio, il 27 settembre (scena non presente nel film). Il lavoro di editing sul testo è l’occasione per mettere il lettore di fronte alla delicatezza del momento, quando una parola sbagliata può provocare il precipitare degli eventi.

Per quanto riguarda la rappresentazione degli schieramenti politici, nel romanzo si scende più nel dettaglio, ma nel film le immagini sono più efficaci per mostrare le differenze. Nei regimi fascista e nazista la teatralità gioca un ruolo importante e i loro leader emergono tra la folla proprio grazie ai loro atteggiamenti e al loro vestiario. Quando le delegazioni dei quattro Paesi si ritrovano nel Führerbau con un colpo d’occhio si possono distinguere il gruppo democratico da quello autoritario, perché i primi indossano abiti civili, i secondi uniformi militari. Una sola immagine racchiude tutta la distanza fra i due mondi che si fronteggiano e nel film sono molto bravi a evidenziare questo aspetto solo servendosi delle inquadrature, senza nessuno spiegone che ripeta quello che è già evidente.

Tuttavia, ad eccezione di Chamberlain il film si limita solo ad abbozzare le figure dei vari leader. E in realtà anche il primo ministro britannico soffre della necessità di sintesi imposta dai ritmi del cinema: quando arriva a Monaco la folla lo acclama, sinceramente grata per il suo impegno a favore della pace. Nel romanzo è chiaro, ma nel film sembra che i monacensi esultino per l’apparizione di Hitler, che compare insieme Chamberlain nella scena in cui entrambi entrano nella sede della conferenza. Sono dettagli che non rovinano la visione del film e che tuttavia si notano se si è letto anche il romanzo.

Recensione di “Monaco”: spiegare la Storia

recensione monaco l'orlo della guerra

Nel libro e nel film sono ben espresse le difficoltà legate alla guerra, come alla pace. L’inizio del film ci porta subito in mezzo ai londinesi impauriti per le voci che corrono fuori controllo e sembrano dare per certo lo scoppio della guerra. I colori scuri, i volti tirati e i silenzi interrotti dal rumore delle truppe che si spostano restituisce l’angoscia dei cittadini ancora meglio del libro. Nel film si sorvola però sulle carenze degli armamenti britannici, in particolare dell’aviazione. Si tratta forse di una scelta obbligata dato il mezzo: scendere così tanto nei dettagli sarebbe risultato troppo pesante per un film, mentre nel romanzo tutte queste informazioni si riescono a digerire meglio.

Sacrificare un popolo per salvare un continente?

Se la guerra porta con sé un’ovvia dose di orrore, paura e morte, meno scontate sono le conseguenze drammatiche della pace. Come si può non preferire la pace alla guerra? Anche i leader democratici la desiderano, ma capiscono che la minaccia sventolata da Hitler è reale. Prima o poi si potrebbe comunque arrivare alla guerra, quindi bisogna decidere se il sacrificio che si chiede ai cechi sia giustificato da benefici maggiori – e, soprattutto, duraturi.

Quindi, che fare? Lasciare i cechi al loro destino, perché tanto sono una piccola nazione? Al realismo politico si mescola l’egoismo, perché anche se un terzo del territorio di Boemia e Moravia viene ceduto ai tedeschi il resto degli europei rimane al sicuro, protetto dalle conseguenze di una guerra su larga scala che coinvolgerebbe tutti. Diventa facile allora spingere il governo ceco a cedere pezzi di territorio: non è mica in gioco la terra del proprio Paese. Lo stesso Chamberlain nel discorso alla radio del 27 settembre 1938 appare poco diplomatico nei confronti dei cechi, che vengono definiti «gente di cui non sappiamo nulla.» Il romanzo e il film riportano le parole esatte del discorso.

« Quando è orribile, grottesco, incredibile che dobbiamo scavare trincee e provare maschere antigas qui a causa di una disputa in un Paese lontano tra gente di cui non sappiamo nulla.»

Neville Chamberlain, discorso alla radio del 27 settembre 1938

Se però l’opinione pubblica spinge per una pace a tutti i costi, i politici e i diplomatici tentennano: ne vale la pena? Veramente la cessione dei Sudeti impedirà una guerra? O la si sta solo rimandano?

La pericolosità della speranza

monaco harris recensione
Hugh e Lena

Uno dei momenti più drammatici della storia è il confronto tra i due amici. Hugh è incapace di abbandonare la razionalità ed è convinto che il dialogo sia l’unica strada percorribile, anche con i dittatori; Paul, invece, vuole scrollare l’amico dalle sue illusioni. Grazie alla bravura attori nel film il dialogo è reso ancora meglio che nel libro. La tragicità della situazione nasce dal fatto che noi sappiamo cosa succederà dopo e nonostante questo appoggiamo Hugh, perché la prospettiva di scatenare una guerra è troppo terribile per poterla prendere in considerazione. Paul scuote la testa e cerca di far ragionare l’altro. Anzi, di farlo smettere di ragionare, perché per comprendere il nazismo bisogna accantonare per un momento la razionalità e abbracciare il fanatismo, cardine dell’ideologia hitleriana e parola chiave del lessico nazista.

“È questo che non avremmo mai potuto capire a Oxford… Perché va oltre la ragione. Non è razionale. Questo è ciò che ho imparato negli ultimi sei anni, contrariamente a quello che insegnano a Oxford: il potere della non-ragione. Tutti dicevano… e per tutti intendo persone come me… tutti dicevamo: “Oh, è un tipo orribile, Hitler, ma non è completamente malvagio. E guardate le sue imprese. Dimentichiamo queste brutalità medievali antisemite, passeranno.” Ma il punto è che non passeranno. Non si possono scindere dal resto. Sono parte integrante del tutto.”
“Monaco”, Robert Harris

Forse potrebbe anche interessarti:

La lingua nazista tra odio e fanatismo

Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale quasi tutti in Europa, e nel mondo, si rifiutarono di credere che Hitler facesse sul serio. Soprattutto per quanto riguardava la sua politica razziale, che persino oggi si tende a sottovalutare, come se fosse un elemento necessario alla propaganda per unire il popolo contro un nemico comune, o come se la Soluzione finale fosse quasi un incidente di percorso. A qualcuno l’inserimento di un personaggio ebreo che patisce la violenza della persecuzione razziale forse sembrerà un elemento superfluo, quasi un’odiosa concessione al politicamente corretto. Non è così: è necessario per mostrare il regime ripulito dalla patina di rispettabilità che i nazisti amavano sfoggiare.

Lo sterminio ebraico e l’uccisione di milioni di persone considerate inferiori, dai rom agli omosessuali, era parte integrante del progetto politico nazista. Genocidio e colonizzazione germanica dell’Europa orientale erano le basi stesse su cui fondare il nuovo ordine europeo, che, teorizzato già nel Mein Kampf, doveva trovare attuazione nelle diverse versioni del Generalplan Ost. Non capire questo significa non aver compreso nulla dell’ideologia nazista; o forse la speranza che l’essere umano non sia veramente così crudele, o stupido, impedisce di accettare la realtà.

A volte quando la realtà sembra superare in orrore i peggiori incubi ci si rifiuta semplicemente di accettarla. Oppure si spera che le cose si metteranno a posto da sole, anche se si sta precipitando verso l’abisso. È pericolosa la speranza, e Harris lo ribadisce con forza grazie alle parole di Paul, ormai abbastanza disilluso da poter osservare gli eventi con più lucidità di chi ancora crede che nessuno può essere così pazzo da desiderare una nuova guerra mondiale. La speranza è un’ottima scusa per non agire per fermare chi si dimostra pericoloso.

«La speranza è aspettare che lo faccia qualcun altro. Staremmo tutti meglio senza di essa.»
“Monaco”, Robert Harris

Chamberlain cercava solo di prendere tempo?

Robert Harris lascia intendere di sì. In effetti l’anno di tregua guadagnato con gli Accordi di Monaco permise al Regno Unito di riorganizzarsi militarmente, ma è difficile dire se Chamberlain avesse firmato con questo obiettivo in testa, oppure se a muoverlo fu davvero la speranza di aver legato le mani a Hitler. Sia nel romanzo, sia nel film il primo ministro britannico si lascia andare a un’amara riflessione che suona più come un’analisi fatta a posteriori da chi conosce il futuro: noi. Questa piccola intrusione del contemporaneo non danneggia la credibilità dell’opera, perché Harris è abile a inserirla all’interno della narrazione, come un elemento che magari non è reale, ma è realistico. L’unica regola a cui i romanzi storici devono sempre attenersi.

Come leggere e dove vedere «Monaco»

monaco robert harris

Potete acquistare «Monaco» di Robert Harris su Amazon o Mondadori Store (link affiliati). Se non avete mai letto niente di questo autore il libro sulla Conferenza di Monaco può essere quello giusto per avvicinarsi alla sua scrittura, perché è molto coinvolgente e non fa parte di una serie.

monaco-sull-orlo-della-guer

Netflix è invece la piattaforma dove vedere «Monaco. L’orlo della guerra». Il film è molto recente (2021), quindi dovrebbe restare disponibile ancora per un po’ di tempo, ma vi consiglio di non tardare troppo a guardarlo. A volte il ricambio del catalogo avviene più in fretta di quello che ci si aspetta.

Sostieni Storia tra le pagine

Fare ricerca e scrivere gli articoli è un lavoro lungo e complesso. Se apprezzi i contenuti del blog ti chiedo per favore di lasciare una donazione: in questo modo mi aiuterai pagare le spese del sito e del materiale e potrò continuare a pubblicare.

Basta un caffè simbolico, anche attraverso PayPal. GRAZIE.

Dopo aver letto analisi e recensione, vi ispira di più «Monaco» o «Monaco. L’orlo della guerra»?

recensione monaco netflix

Se l’articolo ti è piaciuto, iscriviti alla newsletter.

2 commenti

  1. Mi piace moltissimo questa analisi parallela libro -film ( oltre al fatto che i tuoi approfondimenti storici sono sempre super accurati ). Sarei felicissima di vedere altri contenuti di questo genere !

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.