Ormai siamo abituati a film e serie TV in cui la Storia è un pretesto per sguazzare nelle scene di violenza e strizzare l’occhio alle mode. In alcuni casi però l’alterazione della realtà storica è così sfacciata da doversi chiedere se produzioni simili abbiano senso. Come succede nella serie TV Netflix «Barbari», che narra le vicende attorno alla battaglia di Teutoburgo e alle guerre tra romani e germani del I secolo d.C. Se la prima stagione aveva un suo perché, pur con tutte le modifiche alla storia reale, la seconda sfocia nel fantasy: i romani sono l’impero del male, mentre i germani diventano il prototipo della società democratica, tollerante e multiculturale.

Il punto di vista della serie è quello dei germani, ma questo non giustifica una rappresentazione del tutto falsata della realtà. Anche perché la grande opposizione tra romani e germani non è antica: è il frutto di una contrapposizione ideologica e religiosa rinascimentale che riporta al passato ostilità moderne. E continua a fare danno ancora oggi.

La nascita dei germani

Roma entra in contatto con le popolazioni oltre il Reno attorno alla metà del I secolo a.C., durante la campagna di Gallia di Cesare. Al 55 a.C. si data la prima incursione romana nelle terre di coloro che Cesare chiama «germani», separandoli nettamente, e per la prima volta, dai galli. Dietro questa differenziazione ci sono motivi politici, che col passare dei secoli porteranno a una costruzione di una nuova identità. Un periodo di molto successivo a quello dell’impero romano: «nell’antichità i «germani» erano essenzialmente una proiezione romana», come ricorda lo storico del mondo antico Tassilo Schmitt.

Il processo di formazione dell’identità germanica, e poi tedesca, è parte del fenomeno di etnogenesi che caratterizza tutti i popoli: questi, cioè, non nascono dalla terra come funghi, ma si sviluppano nel corso del tempo. Ciò non significa che i germani siano «finti»: a livello archeologico le popolazioni del centro Europa sono riconducibili alla cultura celtica, che presenta al suo interno delle differenze. Oltre il Reno alcune comunità hanno sviluppato culture omogenee, anche se questo non rende i popoli della Germania un blocco unico e coeso, né le differenze con i «galli» a ovest del fiume sono così marcate da considerarli popoli del tutto diversi.

È importante evidenziare questi aspetti, perché la Germania deve molto a Roma: in effetti, la sua stessa identità muove i primi passi grazie all’iniziativa romana.

Arminio e la «lotta per la libertà» dei germani

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Battaglia di Teutoburgo (9 d.C.)

Dopo la conquista della Gallia, che nel 51 a.C. diventa provincia romana, Roma guarda a est. Inizia la tipica politica di avvicinamento e integrazione delle élite straniere nel sistema politico romano: quando le società tribali sono abbastanza stratificate da aver sviluppato un sistema di potere gerarchico, i romani cercano di legare a sé i capi. Ricchezza e sostegno in cambio della fedeltà all’impero: in genere funziona, perché i capi barbari ne traggono vantaggio. Il loro potere personale si rafforza e a partire dal I-II secolo d.C. la società germanica si modifica in senso sempre più piramidale e meno egalitario. I romani falliscono, invece, quando entrano in contatto con popoli troppo «primitivi». È il caso dei frisii, la cui società non ha ancora sviluppato una gerarchia interna; senza capi a cui rivolgersi, il tentativo romano di portare dalla propria parte l’intero popolo è destinato all’insuccesso.

Tra i principes germanici c’è anche Segimero, capo dei cherusci e padre di Arminio. Insieme al fratello Flavus, Arminio viene attirato nell’orbita romana, forse vivendo anche a Roma (anche se le fonti non ne parlano). In ogni caso, serve sotto le legioni e ottiene la cittadinanza romana. Terminato il servizio militare, torna in Germania e diventa a sua volta principe dei cherusci. Un nuovo capo alleato di Roma, dunque?

Questa volta l’efficacissimo meccanismo politico romano si inceppa. Arminio si è fin troppo romanizzato: ha imparato come funziona un potere centrale e vuole replicare quel modello oltre il Reno. La sua ricerca di potere personale, ottenuta ponendosi a capo di una coalizione di popolazioni germaniche, trova la sua giustificazione nella lotta «per la libertà». Nel 9 d.C. con la battaglia di Teutoburgo ottiene una grande vittoria sui romani, che subiscono una delle peggiori disfatte della loro storia. Arminio diventa re dei germani. Gli altri germani, però, non si sono imbevuti degli stessi modelli politici del giovane cherusco. Si risentono per quell’accentramento di potere nelle sue mani e nel 19 o 21 d.C. assassinano Arminio.

I romani in Germania

A influire sull’insoddisfazione per la leadership di Arminio contribuisce la decisa reazione romana a seguito della sconfitta. L’impero aveva perso ben 3 legioni, 3 ali e 6 coorti ausiliarie, per un totale di circa 15.000 uomini. È un colpo durissimo e a Roma si teme per un’avanzamento dei germani oltre il confine: solo 100 anni prima altre popolazioni germaniche erano arrivate fino in Italia, frenate solo da Gaio Mario, zio di Cesare. Augusto invia allora Tiberio a presidiare il confine e a ribadire alle tribù rimaste fedeli che Roma è è ancora in grado di proteggersi (e garantire benefici ai capi che la sostengono).

Un mantenimento del confine però non basta e quando Tiberio succede ad Augusto alla guida dell’impero riprendono le campagne militari in Germania (mappa), sotto la guida del nipote Germanico. I romani ottengono una grande vittoria a Idistaviso nel 16 d.C., provocando una crisi all’interno della fazione germanica.

L’impero non cercherà più di creare una provincia oltre il Reno, limitandosi al controllo diretto dei territori più occidentali (Germania superiore e Germania inferiore, province create sotto Domiziano). Roma continua però ad avere enorme influenza sulle popolazioni germaniche, e ancora di più lo avrà nella definizione di una nuova identità: quella tedesca.

La serie Netflix «Barbari» preferisce ignorare questa prospettiva e insistere sul tradizionale (ma falso) eterno odio tra germani e romani.

Recensione della serie tv “Barbari”

“Barbari”: prima stagione

Trama e trailer di “Barbari”

Arminio è il figlio del principe dei cherusci, da molti anni in servizio nelle legioni e adottato ormai da Varo, attuale governatore della provincia romana della Germania. Tra i germani cresce il malcontento per l’ingerenza dell’impero, sempre più violento e oppressivo; per riportare all’ordine le tribù, Varo invia Arminio tra i cherusci. Qui riscopre le sue origini e si lega a Thusnelda, donna carismatica che vede nell’unione di tutti i germani l’unica strada per cacciare l’invasore romano dalle loro terre. Lentamente Arminio si convince che quella sia la sua missione e decide di tradire Roma: attira nella foresta le legioni e alla guida dei germani riuniti li massacra. Tra loro c’è anche Varo, personificazione del suo legame con Roma, che continuerà a tormentarlo anche dopo la vittoria.

Ricostruzione storica e spettacolo in «Barbari»

Nella recensione di una serie TV come “Barbari” bisogna anche segnalare quando le modifiche agli eventi storici sono fatte per motivi narrativi. Il racconto risulta così più comprensibile e intrigante, perché (alcuni) personaggi diventano tridimensionali e si crea un legame più forte con gli spettatori.

  • Arminio e Flavus ostaggi a Roma: le fonti non parlano in realtà di una loro permanenza a Roma. I capi barbari che ottenevano la cittadinanza restavano in genere nei loro territori; qui però si tratta di bambini e con i figli dei principi germanici i romani potrebbero aver adottato il modello già usato per i principi orientali. Questi venivano educati a Roma, per creare un profondo legame con l’impero così da garantirsi la loro fedeltà una volta saliti al trono nei loro Paesi di origine.
  • Varo padre adottivo di Arminio: questa è un’invenzione della serie, perché tra Arminio e il governatore della Germania non ci fu nessun tipo di relazione particolare. La scelta di trasformare Varo nel padre adottivo contribuisce però ad accrescere enormemente il tormento di Arminio, che per più puntate non sa decidersi se tradire o meno Roma (e quindi suo padre).
  • Battaglia di Teutoburgo in uno schiocco di dita: la battaglia fu una carneficina, anche perché i romani resistettero per tre giorni, combattendo fino all’ultimo. Nella serie non è stato possibile mostrarlo, perché le battaglie hanno costi altissimi. Tuttavia, i romani cedono un po’ troppo velocemente, e facilmente, ai germani, che sembrano guerrieri dalla forza sovrumana.

Esperimenti linguistici

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Varo (sulla sinistra) e Arminio (sulla destra)

In «Barbari» è presente un’affascinante ricostruzione linguistica, perché i personaggi che interpretano i romani parlano latino con la pronuncia restituta, cioè l’ipotetica pronuncia dei primi secoli dopo Cristo (la pronuncia studiata a scuola è quella ecclesiastica, successiva). Inoltre, gli attori sono italiani, così che la loro pronuncia sia ancora diversa dagli attori tedeschi che interpretano germani romanizzati, come Arminio.

È una scelta ammirevole, ma contribuisce ad aumentare la distanza con la parte dei cattivi, i romani. Qualcuno si è chiesto perché non far parlare i germani in un proto-germanico, anche se sarebbe stato molto più complicato, perché non abbiamo nessuna testimonianza della lingua di quel periodo. Le prime fonti in tedesco risalgono all’alto medioevo (VII-VII secolo) e in effetti per far parlare i germani in un tedesco medioevale, tanto vale semplificare la vita agli attori optando per quello moderno.

Ci vuole un cattivo (ma forse così è troppo)

I romani sono gli antagonisti, e va bene. Però nella serie si tira un po’ troppo la corda. Prima di tutto, il sistema politico di integrazione delle élite germaniche non viene assolutamente spiegato. E non si può giustificare col fatto che si tratta di una serie TV e non di un saggio, perché in questo modo i capi germani sembrano schiavizzati, senza alcun tipo di controllo sulla loro gente e senza nessun vantaggio ad allearsi con Roma. In certi casi i romani sembrano voler mettere in pratica addirittura delle politiche genocidarie (!!) e cancellare la Germania dalla faccia della terra. Ora, i romani non erano certo teneri e nessuno qui si aspetta di vedere solo sorrisi e abbracci. Ma trasformare i romani in sadici irrazionali, guidati solo dalla sete di sangue è eccessivo.

Come se non bastasse, i romani sono pure stupidi: nella prima puntata tre soli germani entrano nell’accampamento delle legioni, riuscendo addirittura a rubare l’Aquila della legione: una follia, resa ancora più ridicola dai tre che se ne vanno in slow motion mentre alle loro spalle nell’accampamento divampano le fiamme, come se avessero fatto esplodere un magazzino di armi (da fuoco). Purtroppo, l’assurdità di queste scene è solo il preambolo per la seconda stagione, dove la serie deraglia per cercare di diventare una specie di Game of Thrones in salsa storica.

“Barbari”: seconda stagione

Trama e trailer di “Barbari II”

È il 10 d.C. e i germani sono liberi. All’orizzonte si staglia però di nuovo la minaccia romana: nuove legioni si ammassano lungo il confine e Arminio teme una rappresaglia romana. Cerca di riunire nuovamente i germani, ma questi sono più esitanti, anche a causa dell’intervento del re di marcomanni Maroboduo, alleato dei romani. A complicare la situazione si aggiunge il ritorno in Germania di Flavus, il fratello di Arminio che cerca di riguadagnarsi il rispetto dei romani catturando il traditore.

Ricostruzione storica e spettacolo in «Barbari II»

Iniziamo con quello che funziona nella seconda stagione di «Barbari».

  • Flavus e Arminio: lo scontro fra i due è drammatico, perché Flavus non perdona il tradimento del fratello, che gli ha rovinato la vita. L’intera stagione in effetti poteva reggersi sul conflitto tra i due fratelli, perché la storia reale è così carica di dramma da garantire un successo assicurato anche solo facendo copia e incolla da Tacito per le scene salienti. Non è andata così.
  • Il tormento di Arminio: Arminio continua a essere il personaggio più interessante della serie, perché la comparsa di Flavus e di Gaius (un figlio avuto a Roma tanti anni prima) contribuisce a esacerbare la sua angoscia. Con Teutoburgo ha tradito Roma, ma anche una parte di sé perché alla sua identità germanica se n’è aggiunta un’altra, quella romana. Gli altri, i “puri” germani, non possono capire. Arminio è solo e lo sarà sempre di più.

Inizia il delirio

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Il cattivissimo Germanico è un vero villain, come dimostra anche la cicatrice in faccia
  • Romani sempre più cattivi: i romani sono sempre più violenti e disumani, ma questa volta non sono gli unici antagonisti. A dividere la scena con loro c’è Maroboduo, capo germanico dei marcomanni. Sembra che la contrapposizione tra i due fronti sia più sfumata, ma solo a prima vista: basta entrare nella tenda di Maroboduo per capire che comunque il problema sono sempre loro, i terribili romani. Il capo germanico infatti beve vino, sdraiato su un triclinio, insieme alla moglie acconciata e ingioiellata come una matrona. Il nuovo antagonista è germanico, sì, ma si comporta come un romano. Ah, i romani continuano anche a essere sciocchi e imbranati nel combattimento. Forse, anche più di prima.
  • Personaggi storici fatti a pezzi: Tiberio e Germanico diventano macchiette viscide e con seri problemi di controllo della rabbia. Soprattuto Germanico che, nonostante le fonti lo rappresentino come una persona dotata di carisma e umanità, qui diventa un isterico bramoso del sangue germanico. I due sembrano non avere nessun piano, se non quello di aspettare e radunare sempre più soldati in arrivo da tutto l’impero, come se Roma creasse i soldati in fabbrica. Dopo Teutoburgo il confine è stato rafforzato, sì, ma Roma aveva perso uno sproposito di legionari e ausiliari, tanto da far diventare celebre la disperazione di Augusto che si strappa la toga e grida «Varo, rendimi le mie legioni». Per quanto notevole, l’organico dell’impero non era illimitato.
  • Flavus: poteva essere una delle figure più interessanti della serie, invece viene inserito in una assurda relazione amorosa con Maroboduo e soprattutto… muore. Muore nel 10 d.C. l’uomo che avrebbe combattuto per anni al fianco di Roma e avrebbe avuto un figlio chiamato Italicus che avrebbe un giorno governato i cherusci, riavvicinando la tribù all’impero. Se Flavus muore, invece, i cherusci possono restare per sempre liberi dall’influenza romana.
  • Ci sono pure i cartaginesi: almeno secondo la tradizione moderna, i germani sono uno dei nemici storici dei romani. Chi sono gli altri? I cartaginesi. Vogliamo allora non mettere anche i cartaginesi a dare man forte ai germani, per costituire un fronte internazionale di liberazione contro l’impero colonizzatore? Mettiamoceli, inserendo una donna, che si chiama Didone. Farebbe già abbastanza ridere così, se non fosse che è nera, mentre i cartaginesi non lo erano, e odia i romani perché… le hanno ucciso la famiglia. Anzi, lo ha fatto quel pazzo di Germanico, che deve sfogare la sua smania omicida anche sulle sponde del Mediterraneo. Questo è forse l’episodio più grave di tutta la serie. I cartaginesi infatti sono ormai abitanti dell’impero, tra l’altro in una delle regioni più prospere. L’ultima guerra fra Roma e Cartagine è finita 150 anni prima. Eppure, i romani continuano a fare strage di cartaginesi. Così, senza motivo. Perché devono dimostrarsi sanguinari fino all’ultimo; e pure razzisti. Perché l’unico motivo per cui i cartaginesi devono essere rappresentati come neri, nonostante siano di origine fenicia, e quindi semitica, è aggiungere un altra ragione per cui odiare i romani.

Ci sono poi altre invenzioni e storpiature di personaggi ed eventi, per un unico scopo: glorificare i germani, ma ancora più far odiare i romani. La domanda è: perché? Cosa spinge nel 2022 a recuperare miti nazionalistici del XIX secolo e riproporli come se niente fosse?

Che senso ha «Barbari»?

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Thusnelda in mezzo ai guerrieri germanici

L’obiettivo di «Barbari» è fare spettacolo. Senza dubbio. Per quanto la storia nella seconda stagione prenda una piega delirante, la serie non ha un obiettivo politico, e nemmeno ideologico. Il materiale trattato è però particolarmente complesso, perché Arminio è tradizionalmente considerato come un eroe nazionale tedesco e nel corso dei secoli la propaganda nazionalista ha attinto a piene mani dal suo mito, fino a renderlo quasi un essere mitologico.

«Barbari» invece restituisce la dimensione umana all’uomo, tirandone fuori le sfaccettature e i conflitti interiori e dimostrando tutto il potenziale sprecato della serie. Si poteva creare una splendida narrazione sui germani, senza usare i romani come villain da film di supereroi. Anziché valorizzare la parte germanica, questa scelta danneggia l’intera serie, che diventa una caricatura di eventi e personaggi storici.

L’area tedesca ha una straordinaria tradizione di studi di romanistica e filologia latina, che avrebbe permesso di dare spessore anche alla parte romana, senza per questo rinunciare a mostrare le ombre dell’impero. Inoltre, la Germania ha dimostrato di avere le capacità per fare serie TV storiche di altissimo livello, come «Babylon Berlin». Con «Barbari» è mancata la volontà di andare oltre lo stereotipo: perché non esiste solo quello che vede i germani come popolo rozzo, violento e anche un po’ scemo. C’è anche un altro mito storico che resiste da secoli e che vede romani e germani come irriducibili nemici, protagonisti di uno scontro di civiltà.

Barbarenlüge: i germani come vittime

È difficile sintetizzare il complicato rapporto tra la Germania e il passato romano e germanico. Sebbene a parte un breve periodo non sia mai stata una provincia dell’impero romano, è stata profondamente influenzata da Roma, in particolare a livello politico e linguistico. Gli studi classici fiorirono e ancora oggi chi vuole studiare seriamente filologia o archeologia classica deve imparare il tedesco, perché un gran numero di studi sono in quella lingua. Nell’Ottocento, però, tra gli accademici crebbe l’insofferenza per la devozione tedesca verso la Grecia e Roma. La crescita di un sentimento patriottico, e poi nazionalista, spingeva per riscoprire il passato germanico, che in effetti fino a inizio Novecento era stato negletto: la prima cattedra di archeologia germanica è solo del 1902.

Il nazionalismo cavalcò l’interesse per il passato germanico, arrivando a teorie folli, che finirono poi per avere conseguenze drammatiche. Iniziò a circolare l’idea della Barbarenlüge, la «bugia dei barbari». Nelle fonti latine i germani venivano rappresentati come rozzi e incivili, poiché vivevano senza città e senza leggi. Come tutti i popoli che avevano costruito una civiltà statale, i romani faticavano a comprendere le strutture che regolavano la società tribale dei germani (e in realtà, nemmeno gli interessava molto: i romani non hanno mai dimostrato grande interesse antropologico per i cosiddetti barbari). I germanisti tedeschi volevano sfatare questo mito denigratorio, proponendo però un’immagine idealizzata, costruita sul modello di Tacito. I germani sarebbero quindi stati nobili, valorosi, amanti della libertà, onesti, coraggiosi: un modello di perfezione originaria. Ma ancora non bastava. I più estremisti iniziarono a sostenere non solo che i germani non erano quei buzzurri raccontati dai romani, ma erano come, e meglio dei romani e dei greci. Anzi: i germani erano i romani e i greci.

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La "patria primordiale" (Urheimat) delle popolazioni indoeuropee secondo Gustav Kossinna

L’archeologia razzista propose la teoria secondo la quale la razza nordica aveva generato tutte le principali civiltà del mondo antico, da quella greco-romana a quella indiana. Col passare del tempo, però i vari popoli avrebbero perso il loro grado di purezza, indebolendosi. Proprio le guerre in Germania avrebbero dimostrato che i romani stavano iniziando un declino razziale e nulla potevano contro il valore dei puri germani.

Il cerchio si chiudeva: volendo dimostrare che i germani non erano un popolo inferiore (intento più che giusto) si arrivò col sostenere che tutto quello che dicevano i romani sulla società e i costumi germanici fosse falso, una bugia (Lüge), perché in realtà i germani/razza nordica non solo non avevano una struttura tribale, ma addirittura avevano inventato la civiltà statale.

Cosa c’entra «Barbari»?

Ovviamente la serie Netflix non sostiene le teorie deliranti dei germanisti razzisti di fine Ottocento e inizio Novecento. I germani sono rappresentati come vittime degli spietati romani colonizzatori, e finiscono per apparire migliori di loro in tutto, dal combattimento ai rapporti umani. Ci va anche poco, quando gli antagonisti sembrano usciti da Mordor.

Tuttavia, lo stereotipo alla base della serie è un altro, ancora radicato nella mentalità collettiva, non solo tedesca. Quello che vuole romani e germani come appartenenti a fazioni inconciliabili, destinati a essere nemici per sempre. E consegnando questa rivalità ai loro eredi.

È proprio sugli eredi che dobbiamo concentrarci. Per quanto impegnati in numerose guerre, romani e germani non lottarono in nome del destino dell’umanità, o di particolari battaglie ideologiche. Chi rivestì lo scontro antico di tinte filosofiche furono gli uomini del Rinascimento. Perché l’”eterna” rivalità tra Roma e la Germania è in realtà un’invenzione moderna.

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mito germani arminio lutero
Lutero si rifiuta di ritrattare le sue tesi alla Dieta di Worms (1521)

Chi diede inizio a tutto questo furono gli umanisti italiani. Da bravi appassionati di antichità romana e greca, esaltarono la civiltà classica, che aveva poco a che vedere con popolazioni come i germani. Se infatti la Germania restò comunque sotto l’influenza romana, non assorbì mai la cultura greco-latina e fu ciò che la rese così diversa. Quando venne riscoperta la «Germania» di Tacito, gli umanisti furono poco simpatici nei confronti dei germani, che rappresentarono allegramente come un popolo rozzo e primitivo. I tedeschi non apprezzarono.

Dal Cinquecento iniziò a svilupparsi una forte identificazione dei tedeschi con gli antichi germani e a nessuno faceva piacere vedere etichettati i propri antenati come individui incivili. Si protestò che non era vero, erano invenzioni dei romani (ecco la Barbarenlüge), perché Roma era sempre stata nemica della Germania. A condividere questa idea fu un uomo che aveva particolari motivi di avversione verso Roma: Lutero.

Martin Lutero aveva dato il via alla riforma protestante, scagliandosi contro Roma, perché lì si trovava il centro del potere papale. Gli scontri fra cattolici e protestanti divennero nel tempo sempre più violenti, fino a sfociare nella terribile Guerra dei Trent’anni (1618-1648), che segnò uno spartiacque nella storia tedesca. L’odio per la Roma papale si estese al passato, coinvolgendo l’impero romano: non è un caso che proprio Lutero fu una delle figure che contribuì maggiormente a creare il mito di Arminio, come lui in lotta contro il giogo di Roma.

Roma, il nemico eterno

Roma fu sempre un simbolo, che col passare del tempo si arricchì di altri significati: oltre al papato, Roma divenne anche l’alter ego della Francia, storico nemico tedesco. Il nazionalismo, e ancora più il nazismo, andò oltre perché in un unico calderone inserì la Roma che minacciava i valorosi germani, il sordido papato che rammolliva gli uomini, la Francia libertina e rivoluzionaria. In una parola: l’Occidente.

Le guerre romano-germaniche avevano assunto tinte apocalittiche: non erano più contese territoriali, ma simboli della lotta per la sopravvivenza del popolo tedesco contro l’oppressione occidentale che voleva annientarli.

È questa la tradizione che inconsapevolmente ricalca la serie TV «Barbari». I romani sono il nemico storico e inconciliabile dei germani, portatori di una cultura opposta a quella germanica. Non serve a niente dialogare con Roma, perché l’impero disprezza i barbari (un po’ è vero), ma soprattutto perché l’odio tra i due popoli è sempre esistito e sempre esisterà, impedendo qualsiasi tipo di accordo (beh, insomma).

Per una volta, la storia non viene alterata a causa di ideologie contemporanee, dato che il mito dello scontro di civiltà fra Roma e la Germania ha ben 500 anni. Da sempre le persone usano la storia a piacimento, a volte creando fratture fra popoli e culture quasi insanabili. Raccontare la storia è un lavoro difficilissimo e ingrato, perché tutti avranno sempre qualcosa di cui lamentarsi. In ogni caso, sarebbe bello se le serie TV evitassero almeno di insistere su stereotipi deleteri.

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Recensione della serie TV “Barbari”: per approfondire

Gli studi sull’etnogenesi dei germani sono numerosissimi, anche se quasi tutto è in inglese o tedesco. Sull’archeologia di quei popoli testi abbastanza divulgativi sono quelli di Peter S. Wells, come «La parola ai barbari. Come i popoli conquistati hanno disegnato l’Europa romana». Per chi volesse avventurarsi in una lettura in tedesco alla scoperta della connessione tra politica nazionalista e archeologia, c’è l’eccellente AA.VV., «Graben für Germanien: Archäologie unterm Hakenkreuz».

Sulla genesi del mito dei germani e dell’eterna rivalità con Roma, ottimo è Christopher B. Krebs, «Un libro molto pericoloso. La “Germania” di Tacito dall’impero romano al Terzo Reich».

Per chi volesse invece leggere il racconto delle campagne germaniche nelle fonti latine, può rifarsi a Tacito, «Annali», II e Velleio Patercolo, «Storia romana», II.

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recensione barbari netflix

2 commenti

  1. Ottimo articolo! Mi hai fatto ridere e pensare che gli scrittori di Netflix sono un po’ come i librettisti dell’opera seria del 18° secolo. Penso anche che più lontani sono gli eventi del passato che si adattano a una narrativa storica letteraria o audiovisiva, più facile diventa sostituire i fatti con la fantasia. E se quella fantasia risponde alle costruzioni ideologiche del presente, gli sceneggiatori si sentono più tentati di dare al pubblico ciò che vogliono vedere, invece di tentare un approccio rischioso ma più interessante basato su fatti storici provati.

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