Quando si parla di storia dell’emancipazione femminile vengono in mente le suffragette, i movimenti culturali, le riforme politiche; azioni e correnti di pensiero volte a modificare la mentalità dominante e ad accrescere i diritti di cui le donne godono. Tutto giusto, ma anche tutto inutile, se manca un elemento di cui troppo spesso ci si dimentica: la tecnologia. Le donne non possono essere indipendenti se non sono liberate dalle attività domestiche più gravose. Per secoli autonomia e libertà delle donne sono state impossibili, a meno che non si trattasse di donne ricche. Vediamo perché, quindi, la storia dell’emancipazione femminile debba così tanto alla tecnologia, e in particolare agli elettrodomestici.

Nel passato esistevano donne emancipate?

Dobbiamo sempre fare attenzione a non trasferire le nostre idee e i nostri valori nel passato, ma se parliamo di indipendenza, potere politico, gestione autonoma delle proprie finanze e possibilità di esprimersi, sì, sono esistite donne emancipate. Qualche esempio? Cleopatra, Elisabetta I, Christine de Pizan, Santa Caterina da Siena, Ching Shih. Cosa hanno in comune regine, scrittrici, sante e piratesse? La libertà dagli obblighi che toccano alle popolane. Le donne ricche, come regine e intellettuali, possono contare sui servitori, mentre le donne che vivono al di fuori delle regole tradizionali, come monache e criminali, fanno parte di un gruppo sociale a parte, in cui c’è qualcuno che si occupa delle faccende più pratiche per conto loro.

Davvero è tutto qui? Possibile che la storia delle donne sia così legata ad attività come cucinare e rammendare? E quindi la cultura non c’entra nulla? La cultura non è qualcosa che nasce e si evolve in astratto, ma è legata alla vita reale: se esiste un certo tipo di esigenza, come garantire cibo e vestiti a quella microsocietà che è la famiglia, si sviluppano anche teorie e comportamenti che permettono di soddisfare quell’esigenza. Anche arrivando a giustificare la relegazione delle donne all’ambito domestico in base a una presunta inferiorità che impedirebbe loro di aspirare a altre occupazioni.

Ma perché la cura della casa ha influenzato così tanto la storia dell’emancipazione femminile?

Il problema delle faccende domestiche

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Lavare i vestiti era uno dei lavori domestici più lunghi e impegnativi.

Un esempio di società paritaria è quella dei cacciatori-raccoglitori. Non esiste surplus, la ricchezza è troppo poca per creare una gerarchia sociale, che implica la nascita di disuguaglianze tra ricchi e poveri e tra uomini e donne. Quando la società diventa più complessa le donne vengono destinate ai lavori domestici; anche se sarte, levatrici, contadine e lavoratrici di altro tipo ci sono sempre state, la cura della casa incombe sull’intero genere femminile.

Com’è possibile che questo compito sia così impattante? Ci viene difficile immaginarlo perché per noi le faccende domestiche sono noiose, ma non hanno nulla a che fare con quello che erano anche solo 100 anni fa, non parliamo di 300 o 1000. Cura della casa non significava spolverare i soprammobili o passare la cera sul pavimento: da quella dipendeva la sopravvivenza della famiglia. Le donne erano addette a preparare i pasti e a confezionare i vestiti e non se ne poteva fare a meno. La cura della casa comprendeva anche l’assistenza a bambini, malati, anziani, lavare, riscaldare. Anche escludendo la cura della persona e limitandosi alle faccende domestiche, avete idea di quanto tempo richiedesse prendersi cura di una casa secoli fa?

Esempi di faccende domestiche

Non sono molti gli studi che analizzano l’economia domestica, ma è possibile comunque avere un’idea generale. Per esempio, in una casa inglese di medio reddito tra Settecento e Ottocento i compiti dei domestici comprendevano spazzare, riordinare, accendere il fuoco per riscaldare le stanze, scaldare l’acqua per il bagno e cucinare, lavare i piatti e i vestiti. Senza frigorifero non era possibile conservare grandi quantità di alimenti freschi e diventava necessario andare al mercato quasi ogni giorno. Anche accendere le candele nel caso di un ricevimento serale era un lavoro molto lungo (e comunque la luce offerta era modesta). Sono compiti che richiedevano moltissimo tempo ed è stato così fino a pochi anni fa. Uno studio americano del 1945-1946 ha messo a confronto il tempo necessario per fare il bucato a mano con quello richiesto usando una lavatrice: quattro ore contro 41 minuti. E lavare i vestiti era solo uno degli innumerevoli lavori necessari.

Chi si occupava delle faccende domestiche

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Famiglia belga nell' '800. Anche in famiglie a reddito medio-basso e anche quando c'era una qualche divisione dei compiti le donne non potevano essere sollevate dalle faccende domestiche; anzi, serviva ancora almeno un domestico.

Da sempre uomini e donne hanno avuto bisogno di mangiare, lavarsi e avere vestiti puliti. A seconda del grado di ricchezza variava l’impegno richiesto per le faccende domestiche, ma senza elettrodomestici quasi tutti dovevano impiegare almeno uno schiavo o un domestico per far fronte a tutte le necessità legate alla cura della casa.

Nelle famiglie povere

Chi era troppo povero per avere un aiuto domestico viveva al massimo in una o due stanze, con un focolare per cucinare o neanche quello, come nelle insulae dell’antica Roma: il cibo si comprava precotto nelle popinae o si preparavano pasti semplici che bastava scaldare sulle braci. La povertà implicava anche meno lavoro in casa, ma allo stesso tempo impediva alle donne di diventare indipendenti.

Nelle famiglie a medio reddito

All’epoca dell’antica Roma e dell’antica Grecia anche le famiglie modeste avevano almeno uno schiavo. Secondo Virgilio, una casa, un campo e un schiavo sono il patrimonio minimo che possiede anche il più povero contadino. Non dobbiamo dimenticare che fino a poco più di 70 anni fa nelle campagne le ragazze andavano a fare le servette, cioè davano una mano con i lavori più umili. Le famiglie che le ospitavano non erano grandi latifondisti, ma piccoli proprietari terrieri con entrate modeste. Nelle città accadeva lo stesso.

Nelle famiglie ricche

A una maggiore ricchezza corrispondeva un numero maggiore di schiavi, o servitori. Ci è più facile immaginare la vita quotidiana di un palazzo nobile che quella di un contadino del passato, perché libri e film l’hanno rappresentata di più e meglio. Una serie TV come “Downton Abbey” è molto accurata nella ricostruzione della vita dei domestici della casa. Nel caso dei ricchi, i servitori svolgono la totalità del lavoro domestico, perché le donne di casa ne erano esentate e potevano occuparsi di altre attività: sono le donne dei ceti superiori quelle che potevano godere di più indipendenza nella società del passato. Le classi medio-basse non potevano permetterselo e uno o più servitori erano solamente un aiuto in più per madri e figlie a cui toccava la gestione della casa.

Perché proprio le donne?

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D’accordo, per mandare avanti una famiglia era necessario molto più lavoro di quanto oggi riusciamo a immaginare e serviva almeno una persona a tempo pieno: perché questo compito doveva ricadere sulle donne? Si tratta di un discorso complesso, che tocca molti aspetti: qui mi interessa approfondire il lato pratico e concreto della vita quotidiana e mi limiterò a questo. Per semplificare al massimo si può dire che in passato le donne dovettero sembrare l’opzione più semplice perché si dovevano già occupare dei figli. E, di nuovo, non basta immaginare che la cura dei figli potesse essere un compito diviso a metà fra uomini e donne, perché queste, in epoche in cui la contraccezione in pratica non esisteva, erano quasi sempre incinte. Diventava molto più complicato avere la stessa indipendenza degli uomini, considerato che non potevano svolgere tutte le attività che avrebbero messo a rischio la gravidanza.

Libertà per le donne, schiavitù per i servitori?

Immaginiamo anche che il passaggio da una società nomade a una sedentaria non abbia implicato una separazione dei compiti in base al genere: per liberare sia uomini che donne dalle attività domestiche sarebbe comunque servito qualcuno che si occupasse delle esigenze materiali di una famiglia. L’alternativa all’impiego delle donne nelle faccende domestiche anche nelle famiglie di ceto medio-basso poteva essere l’impiego massiccio degli schiavi (uomini e donne).

Anche se a questo punto bisogna chiedersi se sarebbe stato possibile mantenere la supremazia di pochi privilegiati liberi contro una maggioranza schiacciante di servitori; anzi di schiavi, perché altrimenti gli strati più bassi della popolazione non avrebbero potuto garantire libertà alle donne, non essendo abbastanza ricchi per corrispondere uno stipendio a un domestico (per gli schiavi bastava vitto e alloggio). È difficile fare ipotesi sulla proporzione fra liberi e schiavi nel mondo antico, ma per fare un esempio è stato calcolato che nell’Atene del V secolo a.C. per ogni cittadino libero ci fossero 5 schiavi. Se pensiamo che la Grecia antica non era certo un modello di emancipazione femminile e che quindi le donne delle classi meno agiate erano comunque impiegate nelle faccende domestiche, pensate a quanti schiavi in più sarebbero serviti per compensare l’indipendenza delle donne, povere e ricche. Senza contare che l’emancipazione sarebbe arrivata solo per le donne libere, ma ovviamente non avrebbe toccato le schiave. Si sarebbe solo spostato il problema da una questione di genere a una di «classe».

Nella storia dell’emancipazione femminile le uniche opzioni per liberarsi dalle faccende domestiche sembrano essere due: vivere in una società poco stratificata, che vive di sussistenza; oppure appoggiarsi a un aiuto domestico, così economico da permettere anche agli strati più poveri della popolazione di usufruirne: gli elettrodomestici.

Leggi la seconda parte dell’articolo:

Storia degli elettrodomestici che hanno cambiato il mondo

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