L’Unione Sovietica fu una delle tre grandi potenze alleate, insieme a Stati Uniti e Regno Unito, che vinsero la seconda guerra mondiale contro le forze dell’Asse (Germania, Italia e Giappone). Il ruolo dei sovietici fu determinante per impedire che i tedeschi prendessero definitivamente il controllo dell’Europa orientale e per sfiancare le truppe che negli ultimi mesi della guerra furono costrette a ripiegare verso la Germania. Per i russi, però, la storia è diversa. La seconda guerra mondiale si chiama Grande guerra patriottica perché viene considerata sostanzialmente come lo scontro fra nazismo e comunismo, fra Germania e URSS. La dimensione globale del conflitto viene ridimensionata: protagonista della guerra è l’Unione Sovietica e a lei spetta il merito della vittoria.

La seconda guerra mondiale è un momento fondamentale per la costruzione dell’identità russa attuale; ma nel momento in cui la storia diventa parte del mito fondativo di una nazione, la verità storica si adatta all’idea che il popolo ha di se stesso. Nella storiografia sovietica e russa molti episodi vengono taciuti, alterati o addirittura inventati per presentare una narrazione che rafforzi l’orgoglio nazionale e riunisca il popolo attorno a un ideale contro un nemico esterno (l’Occidente) che lo minaccia. Avveniva al tempo dell’Unione Sovietica, e avviene ancora oggi in Russia, attraverso la censura e il controllo statale sull’insegnamento della storia nelle scuole russe.

L’articolo è molto lungo, ma comunque troppo breve per affrontare nel dettaglio tutti gli argomenti: per questo alla fine dell’articolo correlato (sulla storiografia e l’insegnamento della storia in Russia) sarà presente un’amplia bibliografia di riferimento.

Nell’estate del 1939, dopo un tentativo di formare un’alleanza con Francia e Regno Unito, l’URSS firmò un Patto di non aggressione con la Germania nazista. Il trattato prevedeva un protocollo segreto con cui le due potenze si spartivano l’Europa orientale: il 1 settembre la Germania invase la Polonia da ovest, il 17 settembre l’URSS attaccò da est.

Meno di un anno dopo l’Unione Sovietica invadeva anche i Paesi Baltici. A luglio del 1941 Hitler stracciò il patto di non aggressione e diede inizio all’Operazione Barbarossa contro l’URSS. Iniziò una guerra terribile, dove nei territori occupati dai tedeschi si consumarono violenze indicibili, in particolare contro la popolazione ebraica. Nell’estate del 1942 l’Italia inviò un grosso contingente di truppe a sostegno dell’avanzata tedesca, che si assestò sul Don. Iniziò l’assedio di Stalingrado. Con un grande sforzo bellico e al costo di milioni di vite umane, i sovietici resistettero, anche grazie ai generosi aiuti inviati dall’estate del 1941 dagli altri Alleati, che però non inviarono truppe sul fronte orientale.

Nell’inverno 1942/1943 cominciò la riscossa sovietica e le truppe dell’Asse furono costrette a ripiegare: iniziò la famigerata ritirata di Russia, nella quale persero la vita 2/3 dei soldati italiani. Con l’apertura di nuovi fronti di guerra (Italia 1943, Francia 1944) l’avanzata alleata si chiudeva verso la Germania. I primi a giungere in territorio tedesco furono i sovietici, che nella Germania orientale prima, e a Berlino poi, si vendicarono delle violenze subite dalla propria popolazione con ulteriori violenze sui civili. Il 16 aprile 1945 Berlino venne assediata dai sovietici, il 30 aprile Hitler si suicidò, il 7 maggio la Germania firmò la resa agli Alleati angloamericani e l’8 maggio ai sovietici. Il 15 agosto il Giappone si arrese: la seconda guerra mondiale era finita.

Cosa pensano i russi della seconda guerra mondiale

parata della vittoria mosca 2015
Parata della Vittoria per commemorare la vittoria russa nella seconda guerra mondiale (Mosca, 9 maggio 2015)

La guerra fu atroce e l’URSS sopportò sofferenze enormi: VERO

La guerra nell’Europa orientale fu l’inferno in terra. Le violenze più spaventose della seconda guerra mondiale si consumarono tra Polonia, Bielorussia e Ucraina: distruzione delle infrastrutture di base, repressione del dissenso, omicidi di massa, deportazioni, pulizia etnica. Scopo della Germania nazista era occupare l’Europa orientale per insediare coloni di «razza» nordica e per farlo doveva «fare spazio»; cioè, sterminare completamente gli ebrei e uccidere un quarto della popolazione slava (il resto sarebbe dovuto essere deportato oltre gli Urali).

La dottrina razziale nazista aveva privato di qualsiasi brandello di umanità gli ebrei, e gli slavi erano solo un gradino più su nella loro scala di valore. Inoltre, considerando che per la mentalità nazista valeva l’equazione russi=ebrei e che la Russia era la patria del comunismo, la guerra contro l’URSS assunse i toni di una crociata ideologica. Per questo motivo le violenze furono particolarmente brutali sotto l’occupazione tedesca, soprattutto quelle condotte dalle Einsatzgruppen, squadre composte da SS, poliziotti e soldati della Wehrmacht. Queste formazioni avevano il compito di mettere in sicurezza il territorio conquistato, uccidendo gli ebrei e tutti i possibili oppositori. Nella fase iniziale dello sterminio ebraico (1939-1941) gli assassinii furono compiuti dai soldati attraverso fucilazioni e Gaswagen, camion trasformati in camere a gas.

Sebbene i soldati fossero imbevuti di ideologia razziale, di droghe e di alcol, gli alti comandi tedeschi dovettero modificare i piani di sterminio perché i loro uomini stavano subendo un tracollo psicologico. Nacque quindi la Soluzione finale con i campi di sterminio (1942-1945), per un genocidio più efficiente e «pulito», che evitasse i casi di alcolismo e suicidio che andavano diffondendosi tra le truppe che avevano preso parte attiva agli omicidi di massa.

Direttrici dell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica

Il più alto numero di vittime della seconda guerra mondiale

Oltre alle brutalità inflitte alla popolazione civile, in particolare a quella ebraica, la guerra portò con sé altre sofferenze: con i raccolti distrutti e la scarsità di beni alimentari i cittadini sovietici soffrirono a lungo la fame e in milioni furono mandati al fronte, dove morirono circa 10 milioni di soldati.

Il numero totale di morti dell’Unione Sovietica è agghiacciante: 24 milioni di uomini tra civili e militari. Riguardo a questo numero bisogna però fare attenzione a non considerare tutti i sovietici come russi; la maggior parte dei caduti civili furono ucraini e bielorussi, di cui moltissimi ebrei, la cui presenza in quei territori è stata quasi del tutto cancellata. La storiografia sovietica invece tendeva a non differenziare le nazionalità tra i morti, per accrescere le perdite russe e nobilitarne così il sacrificio a scapito di altre nazionalità, accusate invece di aver collaborato nella quasi totalità con i nazisti, come viene imputato agli ucraini.

L’URSS fu determinante per la vittoria degli Alleati: VERO
L’URSS vinse la guerra da sola: FALSO

Gli aiuti alleati all’URSS

aiuti americani urss seconda guerra mondiale
Due piloti sovietici e uno americano posano davanti a un aereo Bell P-39 Airacobra, fornito all'interno dell'accordo Lend-Lease tra USA e URSS. Fonte: Museum of the U.S. Air Force

L’URSS non fu mai sola a combattere contro l’Asse. Oltre al fatto che è insensato dimenticare tutti gli altri fronti di guerra dove furono impegnati gli altri Alleati e che hanno coinvolto letteralmente l’intero globo (si chiama «guerra mondiale» non per caso), l’URSS è riuscita a fronteggiare l’assalto nazi-fascista anche grazie agli aiuti inviati da Regno Unito, Canada e, soprattuto, Stati Uniti.

Nel luglio del 1941 britannici e sovietici stipularono un patto per impegnarsi nell’assistenza reciproca e a non firmare paci separate (Patto anglo-sovietico), ad agosto i due Paesi coordinarono l’invasione congiunta dell’Iran per prevenire la creazione di una base tedesca lì e a settembre Regno Unito e Stati Uniti firmarono un accordo per rifornire l’URSS di quello di cui aveva bisogno (Lend-Lease Act).

Gli Stati Uniti in quel momento non erano ancora entrati in guerra e sostennero gli alleati con invio di armi, prodotti industriali, cibo e altri materiali per un totale di 50 miliardi di dollari; all’URSS ne toccò un terzo, quasi 12 miliardi di dollari di aiuti che al tasso di conversione attuale corrispondono a 180 miliardi. La produzione industriale e alimentare dell’Unione Sovietica era in seria difficoltà, perché dai territori occupati dai tedeschi (Bielorussia, Ucraina, Russia occidentale) arrivava 1/3 dell’intera produzione industriale sovietica e una grossa quantità di cibo. Per capirci, con la perdita di quei territori l’URSS si trovò priva di metà del ferro e dell’acciaio, 3/4 dell’alluminio, 38% del grano, 84% dello zucchero, 60% di olio di semi di girasole, 38% di bovini e 60% di suini. La crisi alimentare si fece sempre più seria col passare del tempo, tanto che 1/4 (in peso) degli aiuti americani tra luglio 1942 e giugno 1943 consisteva in cibo.

Gli Stati Uniti, quindi, rifornirono l’URSS principalmente di prodotti industriali e cibo: dal 1941 al 1945 inviarono 4,5 milioni di tonnellate di cibo, 2,7 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, il 42% di alluminio, il 75% di rame, il 57% di carburante dell’intera quantità impiegata dall’industria sovietica, 107.000 tonnellate di cotone, chilometri di binari, 2000 locomotive, 35.000 radio e altri beni ancora. Pur in misura minore, gli aiuti riguardarono anche gli armamenti. Gli USA inviarono 14.000 aerei (che costituirono il 20% dell’aviazione sovietica), 13.000 carri armati, pezzi artiglieria e munizioni, ma soprattutto 400.000 tra jeep e camion: questi furono fondamentali per l’avanzata verso l’Europa occidentale e fu su veicoli americani che i sovietici entrarono a Berlino. L’URSS infatti era carente dal punto di vista automobilistico e i mezzi inviati dagli Stati Uniti vennero usati ancora per anni dopo la fine della guerra.

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Rotte seguite per l'invio degli aiuti dagli USA all'URSS

Il ruolo delle potenze alleate nella guerra

Chi fu determinante per la vittoria degli Alleati nella seconda guerra mondiale?

Se il Regno Unito non avesse retto all’attacco tedesco dopo la capitolazione della Francia, quando rimase sola a combattere contro l’Asse tra giugno 1940 e 1941; se l’URSS non avesse resistito all’invasione tedesca e se tra 1941 e 1945 non avesse impegnato su un fronte enorme 17 milioni di soldati nemici; se, infine, gli Stati Uniti non avessero sfoderato la propria potenza industriale prima e militare poi, la guerra non sarebbe andata così come sappiamo. Chi è stato più determinante? Non ha senso fare una gerarchia di meriti: i fronti di guerra erano interconnessi e quando se ne apriva uno, si liberavano uomini per combattere su un altro. Se una delle tre potenze alleate avesse ceduto o non fosse intervenuta sicuramente la storia sarebbe finita diversamente.

È importante anche saper valutare correttamente l’importanza degli aiuti materiali inviati dagli Stati Uniti a Regno Unito, URSS e altri Paesi. Gli storici russi cercarono sempre di minimizzare il ruolo degli aiuti per la vittoria finale, insistendo sul fatto che la maggior parte degli armamenti dell’Armata Rossa erano sovietici (96%). Questo però fu possibile perché gli aiuti statunitensi permisero all’URSS di concentrarsi sulla produzione di armi: con un sistema produttivo compromesso dalla perdita di enormi porzioni del suo territorio non avrebbero mai potuto produrre così tanti armamenti, a meno di non avere un sostegno esterno che li rifornisse di cibo e altri prodotti industriali.

Eppure, i diretti interessati sapevano bene quanto gli aiuti fossero stati decisivi per sostenere lo sforzo bellico sovietico. «Senza le macchine che abbiamo ricevuto attraverso il Lend-Lease [gli accordi per l’invio di aiuti agli Alleati] avremmo perso la guerra.» A pronunciare questa frase alla Conferenza di Teheran nel 1943 fu Stalin, che di certo non si può accusare di filoamericanismo. Lo stesso concetto era ribadito da Chruščëv (o Krusciov, a capo dell’’Unione Sovietica tra 1953 e 1964): «Se gli Stati Uniti non ci avessero aiutato, non avremmo mai vinto la guerra.»

La seconda guerra mondiale era una guerra che nessuna potenza poteva vincere da sola.

La Russia fu sempre e solo contro i nazisti: FALSO

Il Patto Ribbentrop-Molotov del 1939

Un evento cruciale per comprendere la seconda guerra mondiale fu la firma del Patto Ribbentrop-Molotov (Patto di non aggressione) del 23 agosto 1939. Gli articoli I e II obbligavano Germania e URSS a non aprire le ostilità l’una contro l’altra e, nel caso in cui una delle due entrasse in guerra con un terzo soggetto, l’altra si impegnava a non fornire alcun aiuto a quest’ultimo. L’accordo provocò uno shock a livello internazionale, poiché il regime nazista e quello comunista erano giunti a un accordo sebbene si professassero come acerrimi nemici.

Dopo l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica il patto procurò imbarazzo anche a Stalin, che cercò di giustificarlo in un discorso alla radio in cui insisteva sulle buone intenzioni sovietiche e sul desiderio di pace come unica ragione che aveva guidato l’URSS al momento della firma.

«Nessuno stato amante della pace è contrario a stipulare simili accordi con un’altra nazione, nemmeno quando è governata da farabutti come Hitler e Ribbentrop».
Discorso di Stalin del 3 luglio 1941

In effetti il problema qui non è un accordo con il regime nazista. Il Patto di non aggressione stabiliva un accordo di non belligeranza, perfettamente legittimo dal punto di vista legale; inoltre, poteva intendersi come uno strumento per ritardare un possibile ingresso in guerra dell’URSS, che avrebbe avuto così modo di armarsi meglio (anche se in realtà Stalin fu così sorpreso dall’attacco tedesco nel giugno del ‘41 da non crederci fino a quando non fu impossibile ignorarlo). Una strategia simile fu perseguita dal Regno Unito durante la Conferenza di Monaco del 1938, quando accettando le pretese tedesche sui Sudeti si barattò altro tempo per riorganizzare le difese britanniche. Il problema è che la storiografia sovietica e russa sostiene che il Patto fu unicamente difensivo. Sarebbe vero se si guarda solo al testo del Patto reso pubblico. Ma il 23 agosto 1939 vennero anche firmati dei protocolli segreti, che dicevano tutt’altro.

Le conseguenze del Patto

parata nazi sovietica
Ufficiali tedeschi e sovietici osservano la parata che festeggia la conquista della Polonia (22 settembre 1939)

La prima e più grave conseguenza del Patto fu lo scoppio della seconda guerra mondiale. Rassicurato dal fatto di non avere una potenza ostile a est, Hitler diede l’ordine di invadere la Polonia il 1 settembre 1939. Il 17 settembre fecero il loro ingresso in Polonia anche le truppe sovietiche. Cosa ci facevano lì?

L’articolo II del protocollo segreto allegato al Patto Ribbentrop-Molotov metteva il destino della Polonia nelle mani della Germania nazista e dell’URSS, che avevano stabilito le rispettive sfere di influenza all’interno della nazione smembrata (come si vedrà meglio più avanti). Le truppe tedesche e sovietiche avanzarono fino al 22 settembre, quando si incontrarono a Brest (attualmente in Bielorussia, ma all’epoca parte della Polonia) e festeggiarono la vittoria con una parata. Nonostante le immagini di carri armati che passano davanti a ufficiali tedeschi e sovietici, la storiografia russa afferma che non ci fu nessuna parata e che i tedeschi sfilarono dopo che i sovietici se ne erano andati. In effetti, i sovietici non avrebbero neanche invaso la Polonia: la loro sarebbe stata una «campagna di liberazione» dei territori bielorussi e ucraini, come sostenuto ancora in un tweet del 17 settembre 2021 dal Ministro degli esteri russo (vedi sotto) e sancito con una sentenza del 2016 dalla Corte Suprema russa. Queste zone erano entrate a far parte della Polonia dopo il Trattato di Versailles (1919) e le conquiste a seguito della guerra polacco-sovietica del 1919-1921. Sia la Germania, sia l’URSS non riconoscevano quei confini e il 1939 provvidero a smantellare lo stato polacco, che di fatto cessò di esistere fino al 1945.

La traduzione dal russo dice:
Il 17 settembre 1939 l’Armata Rossa lanciò una campagna di liberazione in Polonia. Le truppe sovietiche raggiunsero la linea Curzon*, impedendo alla Wehrmacht di avvicinarsi a Minsk.
I popoli della Bielorussia occidentale e dell’Ucraina occidentale salutarono con gioia i soldati sovietici.
Di più”

 

*La Linea Curzon fu un’ipotesi di confine tra Polonia e Unione Sovietica (da Hrodna a Leopoli) proposta nel 1919 dal ministro degli esteri inglese G. N. Curzon. Tra 1919 e 1921 si combatteva infatti la guerra polacco-sovietica, scoppiata a causa del tentativo polacco di ricostruire una Grande Polonia, che comprendeva Polonia, Lituania, Bielorussia, Galizia e Ucraina. Nel 1921 la Polonia aveva conquistato Vilnius, la Galizia orientale, Leopoli e parte della Volinia, nell’attuale Ucraina occidentale. Nelle trattative con gli Alleati (1942-1945) Stalin si servì della linea Curzon per stabilire un nuovo confine tra Polonia e URSS. Oggi la linea Curzon corrisponde al confine orientale della Polonia.

I contatti tra sovietici e nazisti non si fermarono qui. Fino al giugno 1941 le due potenze intrattennero rapporti amichevoli, arrivando a uno scambio di auguri per i rispettivi compleanni di Hitler e Stalin, alla consegna alla Gestapo di comunisti tedeschi e austriaci scappati in Unione Sovietica e persino alla proposta di Hitler di far entrare l’URSS nell’Asse (negoziati dell’12-14 novembre 1940). Per quanto riguarda quest’ultimo punto, nonostante i negoziati fossero andati piuttosto avanti, bisogna ricordare che Hitler ebbe da sempre l’intenzione di attaccare la Russia e i trattati stipulati non erano un grande freno per lui, come dimostrò infrangendo il Patto di non aggressione con l’URSS. Per finire, tra gli accordi sottoscritti da Germania e Unione Sovietica se ne conta uno molto importante, il Trattato commerciale tedesco-sovietico (11 febbraio 1940) (qui un memorandum dell’Ufficio degli esteri tedesco tradotto in inglese). Entrambe le economie soffrivano per blocchi navali o sanzioni e i nuovi accordi commerciali permisero alla Germania di rifornirsi di materie e all’Unione Sovietica di acquisire macchine, manufatti e tecnologie.

Tutti gli accordi si interruppero al momento dell’invasione nazista dell’URSS.

La negazione dei protocolli segreti

Nel 1948 negli Stati Uniti uscì un piccolo volume, destinato a creare scalpore. Si intitolava «Nazi-Soviet Relations 1939-1941» e raccoglieva i documenti degli archivi del Ministero degli esteri tedesco che testimoniavano i rapporti intercorsi tra Germania nazista e URSS tra 1939 e 1941. Tra questi, i protocolli segreti del Patto Ribbentrop-Molotov con i quali le due potenze si spartivano l’Europa nord-orientale. La reazione sovietica non si fece attendere e lo stesso anno replicò con una serie di articoli poi raccolti in un opuscolo che ebbe risonanza globale. Il titolo? «Istoriceskaja spravka», ossia «Falsificatori della storia».

falsificatori della storia 1948
Edizione inglese dell'opuscolo sovietico "Falsificatori della storia"

All’opuscolo lavorò personalmente Stalin, che negò l’esistenza di qualsiasi tipo di accordo con il regime nazista che non fossero i sette articoli del Patto di non aggressione resi pubblici nel 1939. Non solo: si riprendeva la tesi che il Patto fosse nato a seguito dell’impossibilità di giungere a un’alleanza con Francia e Regno Unito in vista della guerra imminente. I negoziati tra le tre potenze si svolsero immediatamente prima della firma del Patto, a inizio agosto del 1939. Secondo i sovietici, i due Paesi europei diedero l’ennesima prova della loro arroganza e del disprezzo che provavano verso l’URSS, che pure desiderava solo la pace, creando «difficoltà insuperabili», come sostenne Kliment E. Vorošilov, il Commissario del Popolo del la Difesa militare. Queste difficoltà dipendevano in realtà dal rifiuto di Polonia e Romania di permettere il passaggio delle truppe sovietiche sul loro territorio (e considerato che di lì a un mese la Polonia venne invasa dall’Armata Rossa, non avevano tutti i torti a essere preoccupati da quella richiesta).

L’opuscolo poi stabilisce una verità sorprendente, ancora oggi ribadita in ogni occasione pubblica quando i politici russi parlano della seconda guerra mondiale: e cioè che la colpa dello scoppio della guerra fu… dell’Occidente. Nonostante fosse stato Hitler a invadere la Polonia, semmai, anzi, incoraggiato dalla certezza che l’URSS si sarebbe tenuta fuori dai giochi, la colpa era comunque dell’Occidente, che veniva rappresentato come anti-sovietico e pro-nazista. «Falsificatori della storia» aveva posto le basi della propaganda in chiave anti-occidentale per la Guerra Fredda e oltre.

Gorbačëv ammette che i protocolli sono reali

«Falsificatori della storia» gode di grande popolarità ancora oggi e si può comprare negli store online nella versione originale, senza note critiche che svelino le manomissioni volute da Stalin in persona. Negli ambienti di estrema sinistra viene ancora spesso considerato come la prova che smaschera le menzogne degli Stati Uniti volte a screditare l’Unione Sovietica. Eppure nel 1989 fu lo stesso presidente sovietico Michail Gorbačëv ad ammettere che i protocolli segreti erano reali (qui la traduzione in inglese)

Il punto di vista del Congresso è che i contenuti del Patto [Ribbentrop-Molotov] non si discostassero notevolmente dagli standard della della legge internazionale impiegata in tali regolamenti. Tuttavia, non fu reso pubblico che simultaneamente all’entrata in vigore e alla ratifica del Trattato, fu firmato un protocollo segreto aggiuntivo che determinava le sfere di influenza dei contraenti dal Baltico al Mar Nero e dalla Finlandia alla Bessarabia.

Gli originali dei protocolli non sono stati trovati né negli archivi sovietici né in quelli stranieri [Nota: la prova dell’esistenza dei documenti fu scoperta dagli americani nei filmati conservati nell’archivio di Ribbentrop, che aveva fatto filmare i documenti più importanti prima di dare l’ordine di distruggere gli originali.] In ogni caso, studi grafologici, fototecnici e lessicali di copie, mappe, e altri documenti, e la conformità degli eventi successivi al protocollo, provano che il protocollo fu davvero firmato ed esistette.

Punto 3 della Risoluzione del Congresso dei Deputati del Popolo del 24 dicembre 1989

Durante la guerra l’URSS si difese solamente e non commise crimini: FALSO

Uno dei punti centrali attorno al quale ruota la storiografia (e la propaganda) russa è che i sovietici si comportarono in modo esemplare durante la guerra, senza invadere altri Paesi secondo un’ottica imperialista. L’imperialismo, infatti, sarebbe una caratteristica unicamente occidentale. Questa idea peraltro è molto diffusa nello stesso Occidente, come se gli altri popoli in fondo non fossero capaci di ideare piani di conquista e avere mire espansionistiche a livello politico e militare. Inconsciamente queste persone portano avanti un’assurda visione occidentalocentrica del mondo che ricalca quella antica dell’altro come «buon selvaggio», incapace di elaborare politiche di conquista, asservimento o distruzione di altre popolazioni; come invece, ovviamente, è sempre avvenuto nel corso della storia in qualsiasi luogo del mondo.

Invasione della Polonia e dei Paesi Baltici

La spartizione della Polonia e il riconoscimento delle pretese territoriali dell’URSS sui Paesi baltici vennero siglati dai protocolli segreti del Patto Ribbentrop-Molotov: questi furono reali, così come fu reale l’invasione di questi Paesi, sebbene ancora oggi sia negata dalla maggior parte della storiografia russa. Il destino dei Paesi affacciati sul Mare del Nord è indicato negli articoli I e II dei protocolli.

I. Nell’eventualità di un riassetto territoriale e politico nelle aree appartenenti agli stati baltici (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania), il confine settentrionale della Lituania rappresenterà il confine delle sfere di influenza di Germania e URSS. A questo proposito, l’interesse della Lituania nell’area di Vilna è riconosciuto da entrambe le parti.

II. Nell’eventualità di un riassetto territoriale e politico nelle aree appartenenti allo stato polacco le sfere di influenza di Germania e URSS saranno individuate approssimativamente lungo il corso dei fiumi Narew, Vistola e San.
La questione se gli interessi di entrambe le parti rendano desiderabile il mantenimento di uno stato polacco indipendente e quali debbano essere i suoi confini può essere determinato in modo definitivo solo nel corso di ulteriori sviluppi politici.
In ogni eventualità entrambi i governi risolveranno la questione attraverso lo strumento di un accordo amichevole.

Protocollo segreto allegato al Patto di non aggressione del 23 agosto 1939

Se gli stati Baltici sono destinati a essere inglobati dall’URSS, della Polonia viene messa in discussione la sua stessa esistenza. Il Paese fu di fatto smembrato dalle due potenze e occupato da eserciti nemici: il 1 settembre fecero il loro ingresso i tedeschi, il 17 i sovietici. Il 28 settembre fu firmato tra Germania e URSS un ulteriore patto, il Trattato di amicizia e frontiera, con il quale si riconoscevano i rispettivi interessi nazionali nelle aree conquistate della Polonia e si assegnava anche la Lituania alla sfera di influenza sovietica.

Nell’ottobre 1939 i Paesi baltici furono convinti dall’URSS a firmare un Trattato di mutua assistenza, che prevedeva la creazione di basi militari sovietiche sul loro territorio. La Finlandia rifiutò e venne attaccata il 1 dicembre 1939, dando origine alla Guerra di Inverno che terminò nel 1940 con la cessione all’URSS del 10% dei territori finlandesi. Nel giugno 1940 l’Unione Sovietica avvertì Estonia, Lettonia e Lituania che le sue truppe sarebbero entrate nei loro territori e che qualsiasi tentativo di resistenza sarebbe stato annientato. I tre Paesi capitolarono e dopo l’occupazione l’URSS indisse elezioni che stravinsero i comunisti: erano gli unici candidati ammessi. I tre Paesi vennero inglobati nell’Unione Sovietica. L’episodio delle elezioni nei Paesi baltici è cruciale per la storiografia russa, che vuole dimostrare così il sincero desiderio dei baltici di far parte dell’URSS e che non c’è mai stata nessuna invasione.

mappa europa orientale germania nazista urss 1939
Mappa allegata al Trattato di amicizia e frontiera del 28 settembre 1939, col quale venivano individuati in modo definitivo i confini delle sfere di influenza tra Germania e URSS

Crimini di guerra nei territori occupati

Polonia e Paesi baltici subirono sia l’occupazione nazista, sia quella sovietica, che generarono enormi sofferenze e perdite di vite umane. Per esempio, nel solo Baltico tra 1941 e 1944 furono uccise dai nazisti 300.000 persone tra ebrei, rom e simpatizzanti comunisti e tra 1940 e 1953 furono deportate dai sovietici circa 200.000 persone, di cui 75.000 finirono nei Gulag; il 10% dell’intera popolazione maschile fu ucciso, imprigionato o deportato dai sovietici.

In Polonia molte delle violenze peggiori sui civili commesse dai sovietici avvennero durante l’avanzata del 1945, in particolari gli stupri di massa ai danni di donne di qualsiasi età, dalle bambine alle ottantenni, suore comprese. Quantificare crimini simili è sempre molto difficile, ma è stato ipotizzato che le vittime di stupro polacche potrebbero essere 100.000, mentre lo storico James Mark stima le vittime ungheresi tra 75.000 e 120.000 e le tedesche addirittura 2 milioni secondo lo storico Antony Beevor (il volume di Beevor è stato bandito dalla Russia perché accusato di diffondere «propaganda nazista»).

Dal 1943, prima ancora della fine della guerra, i sovietici iniziarono a raccogliere prove dei crimini nazisti. Tra 1943 e 1949 vennero portati avanti moltissimi processi, che continuarono negli anni Cinquanta e Sessanta. Lo scopo era condannare chi si era macchiato di crimini nazisti; tuttavia, questi processi presentarono parecchie criticità. Sono noti casi di falsificazione di atti (il più famoso è quello relativo al massacro di Katyn; vedi oltre), tra gli imputati finirono anche oppositori del regime sovietico e solo tardi venne riconosciuta la specificità dei crimini ai danni degli ebrei. Nei primi processi le vittime ebree sono indicate genericamente come «cittadini sovietici»: negando la specificità della persecuzione degli ebrei, si voleva presentare l’Unione Sovietica come la principale vittima del nazismo.

Ma soprattutto, i crimini commessi dai sovietici (omicidi di massa, deportazioni, violenze ai danni dei civili quali stupri, torture, condanne senza processo) non furono mai non solo perseguiti, ma nemmeno considerati crimini. Solo dopo il crollo del Muro di Berlino i singoli stati, che avevano ottenuto l’indipendenza, iniziarono a indagare sui crimini sovietici. Per i sovietici (e oggi i russi) l’URSS non si macchiò mai di nessun crimine. Era così salda la convinzione che gli unici crimini possibili fossero da imputarsi ai nazisti che al Processo di Norimberga la delegazione sovietica spinse per una definizione di crimine che dichiarasse come atti criminali solo quelli compiuti dai nazisti. Gli altri Alleati si opposero, sostenendo che un atto criminale non dipende dalla nazionalità di chi lo commette.

Il “mito della guerra”

Questa è ancora oggi la posizione prevalente nella società russa: i crimini sono solo quelli commessi dagli altri, nello specifico dai nazisti. Poiché i sovietici hanno combattuto contro di loro e hanno vinto, è impossibile e grottesco incolparli a loro volta di crimini ai danni delle altre popolazioni. Attorno alla seconda guerra mondiale e alla rappresentazione dei sovietici come eroi e salvatori dell’umanità dalla barbarie nazista si è sviluppato un mito della guerra che ormai è così radicato nella coscienza collettiva russa da rifiutare le argomentazioni logiche e le prove di crimini realmente commessi. I più preferiscono negare, e credere alle ricostruzioni storiche che li assolvono da ogni colpa, sostenendo che le prove dei presunti crimini non sarebbero altro che falsi creati dall’Occidente o da «nazisti» per screditarli.

La storica russa Marina Sorokina lo affermò esplicitamente nel 2005:

Tra i molti e vari miti politici stalinisti che sono stati gradualmente distrutti in Russia negli ultimi decenni, il «mito della guerra» ha dimostrato di essere uno dei più resistenti […] Secondo la sua logica semplice e seducente, tutto quello che era «nostro» riguardava eroi e vittime, e tutto quello che era «altro» era associato a nemici e criminali.

Il caso del massacro di Katyn

massacro di katyn 1940
Riesumazione dei cadaveri a Katyn, aprile 1943. Fonte: NAC (Narodowe Archiwum Cyfrowe)

Il caso della «bugia di Katyn» ha una storia contorta, ma esemplare nel mostrare la difficoltà a fare luce sui crimini commessi nei territori occupati sia dai nazisti, sia dai sovietici.

Tra aprile e maggio del 1940 i sovietici uccisero 22.000 prigionieri polacchi, soprattutto ufficiali, catturati nelle zone occupate dall’Armata Rossa. Katyn (nella regione di Smolensk, in Russia) fu uno dei luoghi delle esecuzioni, che saltò alla ribalta mondiale il 13 aprile 1943 quando alla radio tedesca venne annunciata la scoperta di enormi fosse comuni: qui i militari tedeschi trovarono oltre 4000 corpi di ufficiali polacchi, assassinati dai sovietici. Dopo l’invasione nazista dell’URSS, infatti, la regione di Smolensk era stata occupata dai tedeschi e furono loro a fare la scoperta del massacro. La Germania diede grande risonanza alla notizia, invitando anche delegazioni di Paesi neutrali per vedere di persona la prova dei crimini di guerra sovietici. I tedeschi avevano interesse a minare la credibilità sovietica, soprattutto dopo la sconfitta subita a Stalingrado (febbraio 1943). La replica sovietica non si fece attendere e negò ogni accusa.

Nel lanciare questa mostruosa invenzione, i fascisti tedeschi non esitano a servirsi delle menzogne più vili e senza scrupoli nel tentativo di coprire i crimini che, come ora è divenuto evidente, sono stati perpetrati da loro stessi.
Comunicato dell’Ufficio informazioni sovietico diffuso il 25 aprile 1943

Quando nel settembre 1943 l’URSS tornò in possesso di quei territori si affrettò a costituire una commissione per investigare; o meglio, per falsificare le prove del crimine. I sovietici estorsero testimonianze false o fecero ritrattare chi aveva già deposto per i tedeschi e fabbricarono prove false: per esempio, infilarono tra i cadaveri documenti datati tra la seconda metà del 1940 e la prima metà del 1941 per mostrare che sotto l’occupazione sovietica le vittime erano ancora vive, o modificarono i referti medici delle autopsie perché la data di morte risultasse tra il 1941 e il 1942, quando la zona era sotto controllo tedesco.

Il documento che riassumeva i risultati delle false indagini sul massacro di Katyn venne reso pubblico il 24 gennaio 1944. Che si trattasse di un crimine nazista fu la versione ufficiale fino al 13 aprile 1990, quando il presidente russo ammise la verità. L’apertura degli archivi russi permise una colossale opera di revisione dei documenti sul massacro, portata avanti da una squadra di lavoro guidata da una storica russa e uno storico polacco, i cui risultati sono stati pubblicati nelle oltre 600 pagine del volume “Katyń. Dokumenty zbrodni. Tom 4. Echa Katynia kwiecień 1943 – marzec 2005” del 2006. Sebbene ormai sia stata fatta piena luce sui fatti della primavera del 1940 e sulle successive falsificazioni sovietiche, ancora oggi c’è chi nega la responsabilità dell’URSS e crede che siano stati i tedeschi ad assassinare gli ufficiali polacchi.

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